"Il Comune ci ha chiuso i negozi| Adesso dovranno risarcirci" - Live Sicilia

“Il Comune ci ha chiuso i negozi| Adesso dovranno risarcirci”

Parlano i gestori di alcuni dei locali che sono già stati chiusi, prima che Palazzo delle Aquile firmasse l'ordinanza che congela i provvedimenti.

la protesta dei commercianti
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PALERMO – Il Comune fa un passo indietro e “congela” le chiusure da cinque giorni delle attività commerciali sanzionate per l’occupazione abusiva del suolo pubblico in attesa dei giudizi di merito del Tar. Una decisione messa nero su bianco – per la prima volta – su un’ordinanza siglata dal vicesindaco Cesare Lapiana che, se da una parte registra giudizi positivi fermando la mano ai caschi bianchi rispetto all’esecuzione di provvedimenti di chiusura coatta e facendo respirare i commercianti non ancora interessati dal provvedimento, dall’altra scatena la rabbia di coloro che in questi giorni sono stati costretti ad abbassare le saracinesche. E la protesta monta soprattutto tra chi, vedendosi apporre i sigilli a ridosso della Pasqua, aveva chiesto, invano, un provvedimento sospensivo, salvo poi prendere atto – appena pochi giorni dopo – del dietrofront. E’ il caso del Baretto di via XX Settembre, le cui porte sono rimaste serrate dal 14 al 19 aprile. “La perdita è stata immensa – racconta Giovanni Garifo, marito della titolare – Pasqua e Pasquetta rappresentano uno dei periodi di maggiore vendita dell’anno”.

E al danno si aggiunge la beffa. “Avevamo chiesto a Suap e Polizia municipale una proroga di venti giorni per limitare i danni, organizzarci – prosegue – ma ci è stata negata. Siamo stati costretti a svuotare i frigoriferi, buttare tutto il cibo deperibile. Ieri leggendo la notizia della sospensione sulla stampa non credevamo ai nostri occhi, siamo rimasti di stucco. Che senso ha questo provvedimento adesso? Abbiamo pagato 26 mila euro per il gazebo, 1.000 euro per smontarlo, 500 euro preventivi per fare una nuova richiesta di ombrelloni, tavoli e sedie. Se aggiungiamo, poi, una settimana di mancato incasso le perdite sono immense, non quantificabili. Faremo ricorso – continua – abbiamo già contattato l’avvocato e attendiamo un suo parere prima di intervenire”.

E c’è da giurare che i ricorsi sul caso gazebo fioccheranno alla velocità della luce. Una delle prime strutture ad essere smontata a febbraio – ad esempio – è il caffè Leone di via Cavour. Anche in questo caso oltre ventimila euro per il gazebo e quaranta posti a sedere persi. “La gente in queste settimane entrava, si guardava attorno e andava via, spesso, per la mancanza di posti – dice Alessandro Azzimati, titolare dell’attività di via Cavour – questa è una struttura ricettiva importante, abbiamo perso e continuiamo a perdere una parte di incasso notevole. In questo modo si crea un filone che blocca la parte viva della città occlusa da ordinanze comunali che non risolvono nulla. Chiederemo un risarcimento danni – aggiunge – per il mancato guadagno”.

A dare manforte ai commercianti il presidente di Confartigianato Palermo, Nunzio Reina, che pur “accettando di buon grado la decisione” ribadisce che “la scelta andava fatta molto prima, con un provvedimento adottato caso per caso, senza danneggiare chi, tra l’altro, è stato costretto a chiudere a ridosso della Pasqua”.

La lista dei locali multati dal 2012 a oggi è lunga. E dopo un lungo tira e molla fra sanzioni, polemiche e mobilitazioni – nell’attesa del pronunciamento in merito del Tar – sono in tanti ad aver presentato ricorso temendo di dover “scontare” da un giorno all’altro i cinque giorni di blocco dell’attività. “Quattro locali hanno fatto ricorso direttamente al Prefetto – dice Marco Mortillaro, responsabile del settore commercio di Confartigianato – si tratta del ristorante Le Volte, de Il Marchese, del Basquiat e del Vinile. Se il prefetto boccia l’istanza, inoltre, si riaprono le porte per il giudice di pace che bloccherebbe l’iter per un ulteriore anno. Il Lord Green, il bar Matranga, il Jackass, Pizzo e Pizzo e il Braciere invece hanno fatto ricorso al giudice di pace ottenendo la sospensiva. Come si vede – conclude Mortillaro – sta diventando sempre più un groviglio legale mentre il Comune non dà risposte definitive”.

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