Il Covid, gli ultrà e la mafia: così esplode la violenza in piazza - Live Sicilia

Il Covid, gli ultrà e la mafia: così esplode la violenza in piazza

Cosa c'è dietro gli scontri di mercoledì pomeriggio a Palermo

PALERMO – Si parte dal Covid e si finisce tra gli ultrà del Palermo, in un ambiente contiguo alle famiglie mafiose del Borgo Vecchio.

Gli scontri di mercoledì pomeriggio nulla c’entrerebbero con le misure adottate dai governi nazionale e regionale per arginare la pandemia e la conseguente crisi nel settore della ristorazione messa in ginocchio dalle restrizioni.

Sono circostanze drammaticamente vere quest’ultime, ma in corso Vittorio Emanuele sarebbe accaduto qualcosa di diverso. L’ipotesi dei magistrati e degli investigatori della Digos è che qualcuno non si sia limitato a soffiare sul fuoco della tensione sociale, ma l’abbia sfruttata per scagliare bombe carta contro la polizia.

Un drappello di persone sarebbe sceso in piazza solo ed esclusivamente per creare disordini e colpire gli uomini in divisa. Erano una ventina, arrivati molto dopo che un centinaio di persone si erano radunate per protestare in maniera pacifica. In piazza c’era anche una rappresentanza dei centri sociali, Anomalia ed ex carcere. Tutti erano con il volto scoperto e identificabili, a differenza di coloro che hanno scatenato il finimondo, mascherati con sciarpe e cappelli.

Uno di loro, però, è stato fermato dagli agenti del Reparto mobile e da ieri si trova agli arresti domiciliari. Si tratta di Francesco Gambino, classe 1993. La sua storia apre un diverso scenario investigativo. Gambino è un ultrà, volto noto alle forze dell’ordine a cui il questore ha applicato il Daspo dopo gli scontri violenti avvenuto l’anno scorso a Palmi.

Durante la partita in trasferta del Palermo i tifosi rosanero se le diedero di santa ragione fra di loro. Francesco Gambino è figlio di Giuseppe, 56 anni, arrestato nel recente blitz che ha colpito la famiglia mafiosa di Borgo Vecchio. A lui sarebbe stata affidata la gestione della cassa della famiglia mafiosa.

Il nome di Pinuzzo Gambino, oltre a quello di Angelo Monti (considerato l’attuale uomo al vertice della famiglia di Borgo Vecchio) e del suo “portavoce” Massimiliano Jari Ingarao, saltò fuori quando ci fu da mettere la pace fra i gruppi del tifo organizzato rosanero. Così è emerso nel blitz dei carabinieri del Comando provinciale di Palermo.

Mercoledì pomeriggio i manifestanti si danno appuntamento in corso Vittorio Emanuele. Ci sono cittadini attirati dal richiamo social, ristoratori, gruppi dei centri sociali. Il corteo è autorizzato. Quando stanno per andare tutti via, intorno alle 19:15, ecco spuntare il drappello di uomini con il volto travisato.

Il clima, fin a quel momento, sereno si fa caldissimo. Se la prendono con i poliziotti del Reparto mobile schierato in tenuta anti sommossa. Gli lanciano contro di tutto, compreso pietre e bombe carta. I manifestanti, quelli pacifici, si allontanano per paura, ma anche per prendere le distanze dalle violenze. GUARDA IL VIDEO

I prossimi passaggi spettano agli investigatori. Innanzitutto bisogna cercare di identificare i violenti ed è nel mondo del tifo organizzato, a cui appartiene Gambino, che si sta guardando, cercando di estrapolare le immagini di alcune telecamere di sicurezza.

Era una piazza ideologicamente eterogenea quella vista mercoledì pomeriggio. Troppo, per la verità. Dall’estrema sinistra alla matrice di estrema destra da sempre connota il tifo organizzato palermitano.

C’è una regia dietro i fatti di corso Vittorio Emanuele? Non per forza si deve ideologizzare una piazza o cercare di alzare il profilo di una vicenda di becera violenza, ma c’è il sospetto che qualcuno abbia sfruttato la rabbia sociale per creare disordini. Disordini che nulla hanno a che fare con le legittime proteste di chi ha perso un lavoro e deve essere sostenuto dai governi.


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