Il Covid uccide gli affetti: quante morti erano evitabili? - Live Sicilia

Il Covid uccide gli affetti: quante morti erano evitabili?

Quanti, tra coloro che sono morti, sarebbero ancora vivi se la politica avesse avuto più coraggio?
LELIO GIANNETTO E GLI ALTRI
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Lelio Giannetto era un uomo gentile e un artista immenso. Era una persona contese e suonava da Dio del contrabbasso. Un giorno qualcuno che, peraltro, sapeva benissimo chi fosse, si impappinò e lo scambiò per un violoncellista. Lui non se la prese e risposte con garbo e con un sorriso. Era, appunto, un uomo gentile, impregnato di quella sensibilità che cammina nella bellezza di un suono, come nella vita. Tutte le morti sono morti, tutti scavano un vuoto nel cuore di chi li ama. Quando muore, di Covid, nello specifico, uno come Lelio Giannetto, tanti sono a lutto come per un parente, perché la misura del dolore è data dalla prossimità e l’arte la favorisce.

Quei morti evitabili

Ora, dobbiamo porci una domanda necessaria e atroce: quante di queste morti erano evitabili? E dobbiamo farlo, lasciando i caduti al cordoglio e alla speranza che li circonda, non trasformandoli, direttamente, in argomento dialettico. Ma non possiamo nemmeno vederli precipitare come foglie in autunno, senza un interrogativo pressante sui modi e sul contesto di una pandemia. Se non altro per garantire, al possibile, chi è ancora vivo.

Quanti, tra coloro che sono morti, sarebbero ancora vivi se la politica, per esempio, avesse avuto più coraggio nel seguire le indicazioni della scienza e se tutti noi avessimo dato ascolto a una maggiore cautela e un più alto livello di protezione per noi stessi e per gli altri? Non c’è da puntare il dito, né da ergersi a censori. Moltissimi seguono le regole della prudenza, con grande sacrificio personale. Siamo interconnessi con l’affettività, con la socialità, con i legami e non è semplice sentirsi dire: d’ora in poi non abbracciatevi più per un tempo di cui non conosciamo la durata.

La natura subdola del Covid

Il Covid, per la sua stessa natura subdola, pretende il distacco e la lontananza, con conseguenze emotive, psicologiche e sociali pesantissime. Che non hanno un peso minore soltanto perché sappiamo che un giorno finirà. Ma il pensiero di chi non ce la fa, di chi lotta, di chi viene compromesso dal male è un comandamento non aggirabile. E basta anche che sia reso vano in un solo caso e che le circostanze risultino fatali, per domandarci, con insistenza: quanti di questi morti erano evitabili? Abbiamo fatto tutto il possibile? È la dolce ossessione da coltivare: difenderci e difendere con la passione della responsabilità. Perché, un giorno, la pandemia sarà alle nostre spalle. E dovremo arrivarci in piedi a quel fatidico giorno.

Le parole vane della politica

E poi c’è la politica, con le sue parole spesso vane, inconcludenti, che non determinano un cambiamento annunciato. A questo punto del discorso, c’è sempre chi, non senza ragione, chiama in causa i comportamenti del popolo, alcune leggerezze e altrettanti stati di annebbiamento. Ed è sacrosanto pretendere che ognuno faccia la sua parte. Ma che ci sia confusione, in un frangente del genere, è il minimo. La politica, perciò, dovrebbe trovare una sintesi, pronunciarsi con linguaggi univoci, mostrare quell’unità di intenti che i governanti non hanno mostrato, salvo poi richiederla ai governati. Ognuno può dare alla sua amarezza il volto che crede, ma forse è stata tutta la politica, con qualche rara eccezione, a svelarsi nelle sue contraddizioni, con i tentennamenti e le retromarce, perlomeno indecisa e incapace di indicare una strada. Ecco perché ‘i morti evitabili’ lo erano davvero.

Le note per Lelio

Sul web sbocciano note di rimpianto per Lelio, artista immenso e uomo gentile. Salvo Piparo ha scritto: “Palermo piange. Nella città delle ‘mezze parole’, tu hai fatto parlare i contrabbassi”. E Roberto Alajmo ha aggiunto, con affetto: “Nel Repertorio dei Pazzi della Città di Palermo Lelio Giannetto non c’era solo perché avrebbe meritato un volume monografico a parte”. Quel tipo di pazzia, infatti, era una benedizione, il dono di un poeta.
Gli sia lieve il cielo.

(nella foto dal web: Lelio Giannetto)

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