Una cosa è certa: non ci saranno cannoli. Tutto il resto, invece, è aperto a un ventaglio di possibilità molto ampio, con opzioni che vanno dall’assoluzione con formula piena a una nuova condanna, fino a una strada intermedia, quella dell’assoluzione parziale con prescrizione di una parte degli episodi contestati. Ma di certo, come è successo con il primo grado, la sentenza d’appello del processo Talpe alla Dda, con imputato di lusso l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro, in un caso o nell’altro cambierà le sorti della politica targata Sicilia.
La posta in gioco è la valutazione dei (presunti) rapporti fra mafia e politica. O, più precisamente, dei presunti rapporti fra mafia e centristi siciliani. L’assoluzione definitiva di Lillo Mannino arrivata qualche giorno fa ha aperto una strada: se fino all’inizio di gennaio l’equazione democristiani-collusione era un (pre)giudizio diffuso nell’analisi della storia politica recente e passata – anche per effetto delle ultime dichiarazioni di Massimo Ciancimino e più indietro nel tempo dell’assoluzione di Giulio Andreotti, che nella sentenza della Cassazione ha visto calare il velo della prescrizione sulle “relazioni amichevoli e dirette” del senatore a vita “con esponenti mafiosi di spicco” che i giudici hanno “ritenuto sussistenti” fino al 1980 – adesso il clima è cambiato, come del resto è successo per il binomio socialisti-corruzione a ridosso del decennale della morte di Bettino Craxi.
Lo dimostra il sondaggio attualmente in corso su livesicilia.it. A poche ore dal verdetto, la maggioranza dei nostri lettori crede che alla luce della sentenza Mannino la storia della Dc siciliana vada riscritta, mentre appena qualche giorno fa il ritorno di Totò Cuffaro alla guida della Sicilia, un’ipotesi prospettata dal democratico Antonello Cracolici come alternativa all’appoggio esterno del Pd al governo Lombardo, era stato giudicato “una benedizione” dal 68% dei lettori. È proprio questo il punto: se la sentenza di primo grado, con la condanna di Cuffaro a cinque anni e l’interdizione dai pubblici uffici, e più ancora i festeggiamenti con i cannoli, avevano chiuso la stagione politica del cuffarismo a Palazzo d’Orléans, aprendo l’era lombardiana, è evidente che questa seconda puntata del procedimento contro l’ex governatore deciderà se il nuovo corso vada confermato oppure no.
I nuovi assetti politici del 2009 hanno portato una novità senza precedenti. Totò Cuffaro ha costruito i propri successi su un’impresa di non poco conto: dal 1996 al 2001 il politico di Raffadali è rimasto ininterrottamente alla guida dell’assessorato all’Agricoltura nonostante ribaltoni e controribaltoni. Segno che il posto di Cuffaro è il governo, non certo l’opposizione: la mossa di Raffaele Lombardo, che nelle vicende alterne della sua maggioranza ha mantenuto un solo paletto stabile, la relegazione dello scudocrociato nella minoranza, è un evidente tentativo di allontanare dalla propria posizione irrinunciabile, appunto il governo, il più importante competitor del Mpa al centro dello scenario politico siciliano. Cioè nel punto dal quale devono passare tutte le giunte dell’Isola, come hanno dimostrato le vicende di fine millennio.
Un’altra assoluzione, adesso, comporterebbe la riabilitazione dell’Udc. Il partito di Pier Ferdinando Casini, in Sicilia, non ha mai subito conseguenze elettorali per le proprie disavventure giudiziarie: la “pena”, finora, è stata solo politica, con una sorta di delegittimazione tacita per un partito facilmente attaccabile. Per converso, invece, la conferma della condanna, con l’eventuale riconoscimento dell’aggravante “per aver favorito Cosa nostra”, metterebbe un pesante sigillo sull’esperienza politica dell’Udc. Più sfumate le conseguenze della prescrizione: se, com’è successo per Andreotti, l’assoluzione con formula dubitativa è pur sempre un’assoluzione e come tale potrà essere letta dalla politica, sarà solo Totò Cuffaro, e non l’intera Udc, a trovarsi in difficoltà. L’ex governatore, a ridosso della sentenza di primo grado, l’aveva detto chiaramente ad “I love Sicilia”: “Non accetterò la prescrizione né nient’altro. Voglio farmi assolvere con formula piena. Però dovrà processarmi il tribunale, non le piazze”. Oggi Cuffaro potrebbe essere costretto a sciogliere il nodo: accettare la prescrizione e lasciare un alone sul proprio conto o condannare il partito ad altri mesi di tribolazione?
© Riproduzione riservata