Il dolore che le donne non dicono | Endometriosi, ecco la speranza - Live Sicilia

Il dolore che le donne non dicono | Endometriosi, ecco la speranza

Una patologia difficile da raccontare e dura da sopportare. Ora c'è una legge per le donne. Ecco chi lotta.

Quello che le donne, talvolta, non dicono è il dolore da spiegare con parole difficili. Quell’amarezza che non si confessa, che può sfregiare il modo in cui una donna si guarda allo specchio, è una spina piantata nel cuore, a farlo sanguinare. E magari non immaginano, le donne che non dicono quello, quanto siano belle, amabili, delicate e forti. Come risultino nitide allo sguardo, perché ci insegnano – trasmettendo a noi che siamo tanti gradini più in basso – il coraggio della mimosa che non si arrende, compagno di viaggio di ciò che si ama.

Si chiama endometriosi quello che le donne possono non dire, una patologia sfiancante descritta dalle fredde parole da manuale sul sito del Ministero della Salute: “L’endometriosi è la presenza di endometrio, mucosa che normalmente riveste esclusivamente la cavità uterina, all’esterno dell’utero e può interessare la donna già alla prima mestruazione e accompagnarla fino alla menopausa. In Italia sono affette da endometriosi il 10-15% delle donne in eta riproduttiva; la patologia interessa circa il 30-50% delle donne infertili o che hanno difficoltà a concepire. Le donne con diagnosi conclamata sono almeno 3 milioni. Il picco si verifica tra i 25 e i 35 anni, ma la patologia può comparire anche in fasce d’età più basse. La diagnosi arriva spesso dopo un percorso lungo e dispendioso, il più delle volte vissuto con gravi ripercussioni psicologiche”.

L’Ars ha varato  una legge per il sostegno alle donne affette da endometriosi, con la finalità di creare un osservatorio, di avviare azioni di promozione e mettere a punto due poli, uno nella Sicilia occidentale, a Palermo, e uno in quella orientale, a Catania. Il primo firmatario è Nicola D’Agostino“L’approvazione – ha detto Luisa Lantieri, relatrice del ddl – è una vittoria perché grazie agli interventi di prevenzione si può evitare che la malattia possa raggiungere stati cronici capaci di causare l’infertilità”. Finalmente una bella pagina.

Antonio Maiorana, ginecologo, responsabile dell’ambulatorio diagnosi e cura dell’endometriosi dell’ospedale Civico di Palermo, è un medico bravo e sensibile, da anni impegnato su quel fronte difficile.

“Sono pazienti – spiega il dottore – con il carico di tanti problemi, che non riescono ad aprirsi, a parlare di dolore durante i rapporti sessuali o per le mestruazioni. Sono immerse in un contesto sociale che le comprende poco, magari vittime di un ritardo diagnostico importante. Noi lottiamo al loro fianco dal 2003 e all’inizio non ci credeva quasi nessuno; si figuri quando ho chiesto la presenza di una psicologa. Si tratta di una malattia complessa da affrontare, con un approccio multidisciplinare e non si deve mai perdere di vista la persona nella sua globalità. Non mi interessa l’endometriosi in sé, mi interessano moltissimo le donne che ne soffrono. Mi auguro che questa legge, nella sua realizzazione, offra uno strumento di tutela e che possa nascere un registro. Noi, al Civico, conosciamo la mobilità al contrario: vengono a trovarci anche dal Nord”.

Un altro polo, roccaforte della fiducia, è a Catania, all’ospedale ‘Garibaldi’. Giuseppe Ettore, il primario di Ginecologia, è un professionista che unisce la vastità della competenza professionale all’umanità: “Questa legge sicuramente vuole mettere un po’ d’ordine, individuando nell’endometriosi una patologia talmente complessa da avere necessità di un’attenzione particolare, soprattutto dal punto di vista organizzativo. Dentro la malattia c’è una difficoltà della diagnosi, della gestione, con una serie di conseguenze e di sintomi pesanti. Parliamo del dolore, della riduzione della fertilità e di interventi che riguardano gli organi vicini. Sì, la questione è difficile perché riguarda un tema fondamentale come la qualità della vita ed è essenziale il sostegno psicologico per accompagnare le pazienti per fare comprendere l’importanza dell’aderenza alla terapia, della puntualità dei controlli e del bisogno di smitizzare certe false ombre che aggiungono pena”.

Chiara Catalano è una donna combattiva e saluta quel sì come l’incipit di una svolta possibile: “Ottimo provvedimento – dice – se servirà a organizzare meglio i reparti che vanno avanti grazie al sacrificio e sull’abnegazione dei professionisti. Abbiamo bisogno di maggiori risorse umane e di personale veramente specializzato, certo che lo psicologo è una figura fondamentale. E’ una patologia subdola con quattro stadi, ma è raro che venga riconosciuta al primo. Non è semplice discuterne perché in mezzo ci sono i tabù della sessualità, delle mestruazioni che conducono al desiderio di nascondere la sofferenza. E questo rende le donne fragili perché le colpisce nella loro intimità”.

Ma la forza delle mimose, per quanto apparentemente fragile ed esposta al vento, sa rimanere sempre fedele al suo profumo. Non si arrende mai. Non appassisce mai.

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