Genny, mamma di una bimba di quattro anni. Seby, sposato con due figli. I due sono stati uniti da un rapporto sentimentale “burrascoso” per almeno tre anni. Un legame che si è interrotto solo qualche settimana. E sarebbe quella rottura il movente che avrebbe scatenato la furia omicida di Sebastiano Spampinato. Che venerdì sera ha premeditato di uccidere Giovanna Cantarero. L’ha attesa in via Allende a Lineri, frazione di Misterbianco, fino a quando non è uscita dal panificio con un collega.
Erano le 21.45, pioveva. Jenny aveva in mano il sacchetto del pane e ha sentito il suo nome dalla bocca dell’uomo con cui ha condiviso uno scorcio della sua giovane vita di 27 anni. Il 30enne è sceso dallo scooter, si è avvicinato e ha sparato più colpi. La pistola si è anche inceppata: i carabinieri della Sis hanno trovato quattro proiettili inesplosi. Tre pallottole, calibro 9×21, però hanno raggiunto Jenny alla testa e al fianco sinistro. La giovane è crollata sul selciato. Davanti agli occhi dell’amica, il pacchetto del pane abbandonato sull’asfalto. Poi è arrivata la madre. Un vicino che si è affacciato dal balcone, sullo stesso palazzo del panificio-pasticceria, ha visto proprio il genitore piangere sul cadavere della figlia.
Il legame sentimentale che legava Cantarero e Spampinato è stato scoperto grazie alla capacità investigativa dei carabinieri del Reparto Operativo di Catania. In una nota, gli inquirenti evidenziano infatti “una poca collaborazione dei familiari” della vittima nonostante “la relazione fosse ben nota”. La svolta è arrivata quando i militari hanno saputo dell’esistenza di un’utenza, in uso alla vittima fino a poco tempo prima, che era intestata proprio a Spampinato. Che però non aveva alcun collegamento apparente a Giovanna, se non un controllo avvenuto con l’ex compagno della ragazza uccisa. Uomo con cui la donna ha avuto una bambina e con cui dopo la separazione ha mantenuto discreti rapporti soprattutto per il bene della figlia.
Il cellulare ha dato il là alle indagini che ha portato alla scoperta della moto usata dall’indagato. Uno scooter Sh 150 di colore scuro (intestato alla zia materna) e di un casco (modello Memo design) simili a quelli descritti dai testimoni. Grazie ai controlli incrociati delle targhe è stato visto il suo passaggio – durante il temporale – in via Fontanarossa direzione San Giuseppe La Rena. L’orario della telecamera era compatibile con una fuga.
E inoltre in quella zona – precisamente al Villaggio Campo di Mare – vive una zia di Spampinato, dove avrebbe trovato appoggio verosimilmente nei primi giorni dopo il femminicidio. Poi sono scattate una serie di perquisizioni che hanno permesso ai carabinieri di trovare lo scooter abbandonato vicino casa della madre. E poi lungo lo stradale Cravone il cellulare abbandonato tra l’erba selvatica a margine della carreggiata. Spampinato però si sentito braccato e quindi ha trovato rifugio nel sottotetto di una villetta abbandonata sempre al villaggio Campo di Mare.
Questa mattina il gesto estremo, o almeno questa pare l’ipotesi più concreta, di spararsi un colpo di pistola alla tempia destra. I carabinieri lo hanno trovato morto nel giardinetto. Sono stati sequestrati il bossolo, l’ogiva e una pistola Beretta modello. 92, con matricola punzonata, insieme a due caricatori contenenti complessivamente 20 proiettili calibro 9 x 21. L’arma è stata inviata ai Ris, per capire se è la stessa usata per uccidere Giovanna. Per confermare la tesi del suicidio bisognerà attendere l’esame autoptico disposto dalla procura.