PALERMO – Più di due milioni di euro da restituire allo Stato: è quanto ha stabilito la Corte dei conti, che ha scritto la parola ‘fine’ sulla vicenda della ‘Sigom Sud Srl’ di Mazara del Vallo. I giudici hanno condannato due imprenditori a restituire la somma, figlia di un finanziamento erogato dallo Stato con la legge 488 nei primi anni duemila. Secondo la Corte i due imprenditori avrebbero impiegato degli artifici contabili per non sborsare i capitali privati previsti dal progetto finanziario.
La ricostruzione dei fatti si trova nella sentenza della Corte dei conti: nel 1998 Massimo e Adolfo Spinelli, soci della società Sigom Sud Srl, presentano un progetto per ottenere dal ministero delle Attività economiche delle agevolazioni. Il progetto per la realizzazione di un impianto produttivo per articoli in gomma prevede l’acquisto di stampi per la lavorazione del materiale e un investimento complessivo di sette miliardi e mezzo di lire, e dopo l’approvazione da parte del ministero alla ‘Sigom Sud’ vengono concessi cinque miliardi. Il progetto, in più, prevede un apporto di capitale privato da parte dei soci pari a due miliardi e mezzo di lire.
Un’operazione in cui all’iniziativa del privato si dovrebbe sommare l’aiuto del pubblico. E infatti lo Stato finanzia il progetto versando “in conto impianti”, ovvero per l’acquisto di macchinari, più di quattro miliardi e seicento milioni di lire, l’equivalente di due milioni e quattrocentomila euro. ‘Sigom Sud’ a questo punto compra sei stampi per materie plastiche dalla Stamat Industry sns, “a un prezzo – si legge nella sentenza – notevolmente superiore a quello di mercato”. Soci della Stamat Industry sono gli stessi Massimo e Adolfo Spinelli: “Tale operazione – scrivono i giudici contabili – non oggetto di contestazione da parte dei convenuti in quanto risultante dai libri sociali e dalla documentazione agli atti di causa, ha consentito loro di non effettuare alcun apporto di capitale proprio alla Sigom Sud s.r.l. che, pertanto, ha beneficiato di denaro pubblico senza investire alcunché nell’iniziativa imprenditoriale intrapresa”.
Alla fine dello scambio di somme tra aziende, insomma, i soci privati non avevano impiegato nessun capitale proprio. Un’operazione che, scrive la Corte, è stata regolarizzata “mediante l’adesione al condono tombale” e che, non ricapitalizzando la Sigom Sud, era stata la causa “del dissesto societario che ne ha determinato il fallimento”. Sempre secondo la Corte “non sussiste alcun ragionevole dubbio che il mancato conferimento di capitale proprio da parte dei soci Spinelli Adolfo e Spinelli Massimo, come richiesto dal decreto di finanziamento, non abbia consentito di raggiungere le finalità del progetto approvato con denaro pubblico; tale condotta, al di là della questione della prova o meno dell’ulteriore contestazione riguardante l’acquisto di beni strumentali ad un prezzo superiore al loro valore di mercato, costituisce di per sé un illecito erariale”.
I giudici citano nella loro sentenza anche le obiezioni sollevate dai due soci della ‘Sigom Sud’, i quali hanno nel corso del processo hanno sostenuto di avere operato in modo trasparente, di avere utilizzato correttamente il finanziamento pubblico e di non avere comprato gli stampi per la gomma a prezzi superiori a quelli di mercato. La sentenza per i due però è di condanna alla restituzione al ministero di due milioni e quattrocentomila euro.