PALERMO – “L’incontro con il killer che chiedeva perdono ha cambiato anche me. Mi sono sentito liberato, sollevato da un peso” ricorda Franco Puglisi, fratello del sacerdote ucciso nel ’93 a Palermo.
Dopo dieci anni di isolamento Gaspare Spatuzza – il pentito che la lasciato il carcere nel quale era entrato 26 anni fa – aveva manifestato l’intenzione di parlare con i parenti della vittima. Scrisse una lettera. A consegnarla fu don Vincenzo Russo, cappellano del carcere di Sollicciano a Firenze, che si precipitò a Palermo.
“All’inizio ero perplesso, titubante – ricorda Puglisi – ma ero curioso di conoscere questa persona che scriveva di aver fatto un percorso di pentimento rispetto al passato da mafioso. Accettai di vederlo dopo alcuni mesi di riflessione. Non era facile per me conoscendo tutte le malefatte di cui era accusato”.
L’incontro si tenne in Toscana al di fuori delle strutture penitenziarie. Durò un’intera giornata. Ma i due, il killer reo confesso e il fratello della vittima, non furono mai soli. “Era diverso da come appariva nelle immagini delle televisioni e dei giornali. Era commosso, mi sembrava davvero addolorato per quello che aveva fatto. Capivo che le sue parole erano espressione di una macerazione interna aiutata dal cappellano del carcere dov’era rinchiuso. Più volte richiamava brani della Bibbia. Diceva che la lettura del Vangelo lo aveva trasformato. Non ho avuto l’impressione si trattasse di una impostura”.
Non sappiamo quanto quella giornata abbia confermato Spatuzza nella sua scelta di collaborazione con la giustizia e di pentimento interiore. “Ma so che quelle ore passate insieme, l’aver sentito direttamente il dolore che provava, mi hanno lasciato più sereno. Non so se l’ho perdonato. Ma non ho più avuto l’astio di prima. Forse è stato un incontro importante per entrambi. Per me sicuramente. Del resto il perdono è un dono reciproco del Signore”.
Intanto la giustizia ha fatto il suo corso. “Sentire che adesso è libero non mi provoca alcuna emozione, né caldo né freddo, sono indifferente a questa notizia. Se non avessi passato con lui una giornata forse non sarebbe stato lo stesso – aggiunge Franco Puglisi – non so se lo incontrerei nuovamente, non ho alcun interesse. Ma gli auguro di rifarsi una vita, se ciò è possibile. Adesso nei suoi confronti non ho alcun rancore. Se lui si è pentito veramente, sarà stato perdonato da Dio e se è cosi perché dovrei condannarlo io?”.