Il giallo del fascicolo "dimenticato"| Così sfumò il procedimento - Live Sicilia

Il giallo del fascicolo “dimenticato”| Così sfumò il procedimento

A marzo del 2014 i carabinieri trovarono nella stanza di Sampieri un plico ancora sigillato. Era il carteggio sul procedimento disciplinare a carico di Tutino

PALERMO – È il 25 marzo 2014. I carabinieri del Nas fanno irruzione all’ospedale Villa Sofia. È il giorno in cui vengono notificati gli avvisi di garanzia al primario di Chirurgia plastica Matteo Tutino, al commissario dell’azienda Giacomo Sampieri, e al direttore sanitario Maria Concetta Martorana.

Nella stanza di Sampieri i militari oggi guidati dal comandante Giovanni Trifirò e allora da Mansueto Cosentino trovano un plico. È ancora sigillato. È il carteggio sul procedimento disciplinare a carico di Tutino che l’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta aveva spedito a Palermo dove nel frattempo Tutino era entrato in servizio, prima “in comando” e poi come vincitore del concorso per primario. Il plico è rimasto sigillato per un anno e due mesi. Chi doveva intervenire, secondo l’accusa, ha tergiversato, chiesto pareri, preso tempo, fino a fare scadere i termini. E così il procedimento disciplinare è stato dichiarato prescritto. E qui il tema diventa non solo giuridico ma anche, e soprattutto, amministrativo e, dunque politico, perché è la politica che sceglie i manager sanitari. Nonostante la stessa politica, al suo livello più alto, e cioè con il presidente della Regione, Rosario Crocetta, affermi che “non sono mai intervenuto nell’inferno di Villa Sofia e non l’ho nominato io (riferendosi a Tutino ndr)”. Nonostante, ancora, la politica per bocca dell’assessore regionale alla Sanità, Lucia Borsellino, al quale la stessa Procura ha riconosciuto il massimo della collaborazione, si dica oggi “stupita che Tutino, indagato, da mesi sia rimasto al suo posto finora”. La stessa Borsellino che si chiede, dalle colonne di Repubblica, “come mai il provvedimento disciplinare non si è mai concluso”. Dalla politica, laddove si si aspetterebbero risposte, arrivano invece nuovi interrogativi. Una cosa è certa: nell’ultimo anno e mezzo le note sindacali erano state spedite alla direzione generale dell’ospedale, in assessorato e alla Commissione Sanità dell’Ars per chiedere chiarimenti sul curriculum di Tutino. Secondo il sindacato Cimo, il primario non aveva i titoli per vincere il concorso (circostanza citata dalla Procura nell’ordinanza). Alle note non è mai arrivata risposta. Eppure poteva essere un campanello d’allarme.

Nell’attesa è toccato alla magistratura intervenire, descrivendo lo spaccato inquietante di cui ha parlato il procuratore aggiunto Leonardo Agueci. Lo stesso giudice per le indagini preliminari, Giovanni Francolini, che ha mandato il primario ai domiciliari ha sottolineato che se le regole fossero state rispettate il caso Tutino probabilmente non sarebbe mai esploso. Perché il chirurgo plastico – almeno secondo l’accusa che naturalmente va verificata – non avrebbe dovuto e potuto lavorare a Villa Sofia. Con il provvedimento disciplinare si sarebbe interrotta sul nascere la gestione del reparto che ieri è costata a Tutino l’arresto. Ed invece è andata diversamente con un susseguirsi di atti e contro atti che, secondo i carabinieri del Nas, è solo servito per centrare l’obiettivo. Evitare lo stop a Tutino.

Ricostruiamo solo i passaggi principali del tanto tormentato quanto inutile provvedimento disciplinare. A ritenere per prima che ci fossero delle irregolarità è stata la direzione generale del Policlinico di Palermo dove Tutino era in servizio. Il chirurgo aveva eseguito al Sant’Elia degi interventi senza essere stato autorizzato. Solo che nel frattempo Tutino era stato trasferito a Caltanissetta dove il direttore sanitario era Giacomo Sampieri. Sanitario, appunto, disse a Livescilia Sampieri per sostenere che non avesse alcuna responsabilità: “In quella veste non ho mai saputo che esistesse procedimento a Caltanissetta, ce l’aveva il direttore generale”. Quando Sampieri fu nominato commissario straordinario a Villa Sofia volle Tutino al suo fianco. E così il 23 gennaio 2013 sul suo tavolo arrivò il carteggio sul provvedimento disciplinare spedito da Caltanissetta. La competenza passava a Palermo. Solo tre mesi dopo, il 6 maggio, il fascicolo venne consegnato all’ufficio provvedimenti disciplinari di Villa Sofia. O meglio, il fascicolo non c’era. C’era solo la nota di trasmissione del Sant’Elia. Il 29 maggio fu chiesto il il perché del ritardo a Sampieri che disse di non averlo aperto perché sopra vi era la scritta “riservato”. Sampieri a quel punto decise di chiedere ad un avvocato un parere per sapere se fosse sua competenza avviare il procedimento disciplinare visto che Tutino era ancora in comando. Nel frattempo Tutino divenne primario e l’avvocato arrivò alla conclusione che spettasse a Palermo a trattare la questione. Il parere dell’avvocato doveva essere vagliato dall’ufficio disciplinare. Ci furono tre riunioni – 13 novembre, 11 e 16 dicembre – sempre con un nulla di fatto. La Martorana era assente per impegni istituzionali, così come gli altri componenti alcuni dei quali impegnati altrove per decisione dello stesso Sampieri.

Finalmente l’ufficio si riunì. Era il 17 dicembre. Troppo tardi: non si poteva che dichiarare prescritto il procedimento disciplinare. Qualche mese prima, il 17 aprile, quando Sampieri fu convocato dai carabinieri disse che si sarebbe attivato al più presto con Caltanissetta. In effetti scrisse al Sant’Elia per ricevere notizie “in merito alla sussistenza di un procedimento disciplinare”. La risposta non poteva che essere di stupore: il fascicolo su Tutino era stato trasmesso il 22 gennaio precedente. E si arrivò al 27 marzo, giorno in cui i carabinieri sequestrarono il plico sigillato nella stanza di Sampieri.


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