Il giardino e il sepolcro di Giuseppe - Live Sicilia

Il giardino e il sepolcro di Giuseppe

Tre le tante cose orrende di Brusca, c'è da ricordare la più orrenda di tutte. Il sacrificio del piccolo Giuseppe Di Matteo, reo di essere figlio di un collaboratore di giustizia, Santino. Ecco il luogo in cui il ragazzo fu detenuto e ucciso.
Il macellaio Brusca e la morte di Di Matteo
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Quello che c’è da vedere lo intravedi dall’alto. Pietra grezza, biancore sul muro, un buco. Scendi per una scala ripida. Qualcuno spiega: “Ecco. Qui hanno ucciso Giuseppe Di Matteo”. Dicono che un pm sia rimasto a bocca aperta nel luogo del sacrificio del piccolo Giuseppe. Non riusciva a muovere un passo. Non sapeva sussurrare una parola. Solo la bocca aperta, come per non soffocare.

Sopra la camera della morte, a San Giuseppe Jato, hanno costruito un giardino per bambini. Chiara l’illusione: riempire di voci il silenzio del sepolcro, riempire di colori il bianco e nero dell’omicidio, addolcire la pietra grezza con migliaia di mani morbide. Non è stato possibile. Quando arrivi al cuore del giardino, nel cuore del muro, quando vedi la rete del materasso, tutto si sbriciola intorno. Muri e fiori resistono. Ma è come se non ci fosse più niente. Tante volte Santino Di Matteo, padre di Giuseppe, avrà sognato il posto dell’esecuzione di suo figlio.

In sé è una cameretta spoglia. Qui la mamma di Giuseppe, Francesca Castellese, ha posato un fiore che i minuti hanno rinsecchito, in un giorno con l’odore della pioggia. L’assenza fa paura, perché la riempi con l’immaginario. Basta avere letto gli atti del processo. La rete dove Giuseppe riposa allo stremo delle forze, ridotto a un “canuzzu” – così lo chiamava Brusca – gli uomini che entrano e mettono Giuseppe faccia al muro. Uno tira la corda, il corpo del bambino si affloscia. Uno – raccontano – disse di avere visto due lacrime sul viso del “canuzzu”. Il cadavere fu sciolto nell’acido. Gli uomini andarono su a mangiare. Ogni tanto, l’addetto di turno scendeva le scale per il fastidio di controllare la consunzione delle membra.

Quello che c’è da vedere lo vedi dal basso, in un capogiro. Ripensi alle parole di Santino Di Matteo: “Brusca può vedere il suo bambino, io no” e ti fa pena, anche se è stato un feroce assassino. Infine, risali, verso la luce del giorno, verso i fiori. Ripensi anche alle parole della madre: “Giuseppe ha vinto”. No, non è vero.


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