Oggi è il giorno in cui Paolo ritorna a dormire e forse un po’ a morire con Agostino, Claudio, Emanuela, Vincenzo e Walter.
A poco a poco le fiammelle accese si sono spente. Via D’Amelio è tornata a essere una semplice strada, un elemento urbanistico. C’è una famosa gelateria da quelle parti. Si può parcheggiare e fare quattro passi a piedi. Qualcuno magari guarderà ancora l’albero con le coccarde e i bigliettini, sorriderà e tirerà dritto. Qualcuno ricorderà che ventisette anni fa c’erano pezzi di corpi e litri di sangue sparsi ovunque e mormorerà una preghiera, prima di rientrare nel bozzolo spensierato dell’estate. Pantaloncini corti e coni con panna. Nessun dolore. Soltanto un aroma di gelsomini che entra nelle narici e provoca lievi giramenti di testa.
Oggi è il giorno in cui la gente – le persone normali, noi – ricomincia a dimenticare dopo avere ricordato o avere fatto finta di farlo. Per un anno o quasi – se non per eventi della cronaca – nessuno parlerà più di Paolo e dei suoi ragazzi. Vanno a dormire, loro malgrado, per essere risvegliati da un po’ d’amore e di retorica il prossimo diciannove luglio. Capita lo stesso a Giovanni Falcone e ai suoi compagni di martirio il 24 maggio.
Oggi Paolo, il dottore Borsellino, ritorna nell’oblio. Nessuno, per qualche tempo, racconterà più del suo spirito da barzellettiere consumato, della sua passione per i giochi di parole, di quando in ascensore disse, leggendo la targhetta: “Capienza… Ma ci capi Enza (solo i siciliani capiscono)”. Delle papere che ‘rubava’ all’amico Giovanni per poi lasciare un bigliettino da finto estorsore: “Se la papera vuoi trovare, cinquemila lire devi lasciare”. Dei tuffi a mare e di tutto il resto.
Delle passeggiate, sotto casa, in certe domeniche, senza scorta, quando forse ritardava apposta, sperando che lo ammazzassero senza colpire i suoi ragazzi che amava come figli. Delle carezze sottratte ai figli che amava alla follia per abituarli al distacco imminente. Delle attese dal barbiere e quando quello insisteva: “Dottore, passi per primo”, lui rispondeva: “No, no, lasciami aspettare”. Erano fessure, tregue di normalità.
E tornano a dormire gli agenti della scorta. Torna a dormire Emanuela che si sarebbe sposata e avrebbe avuto una famiglia grande e affettuosa, se non fosse morta. E rientrano nell’anonimato i sopravvissuti, le vittime.
Nessuno, per trecentosessantacinque giorni li cercherà più. Ma, il 19 luglio prossimo, riecco la domanda: “Lei che cosa ha provato?”. Dormono Paolo e Giovanni. Dorme Francesca. Dorme Agnese. Dormono gli angeli custodi. Dormono tutti in quell’universo di storie della cronaca che diventeranno buone solo quando sarà necessario, il 20 luglio no e nemmeno il 4 febbraio.
Eccola adesso l’estate trionfante e immemore di via D’Amelio con i suoi gelati e le sue macchine parcheggiate in una fragranza di gelsomini. “Ma ci capi Enza?”. Buonanotte, dottore Borsellino.