PALERMO – Giovane militante di sinistra e fondatore di una radio privata, nato a Cinisi il 5 gennaio 1948 e ucciso dalla mafia nel suo paese il 9 maggio 1978. Peppino, così lo chiamavano tutti, ha ventinove anni quando fonda “Radio Aut” e dai microfoni denuncia i misfatti della mafia di Cinisi, soprattutto quelli compiuti dal boss Gaetano Badalamenti, amico di suo padre Luigi, pure lui mafioso e per questo inviato al confino durante il periodo fascista.
Nel 1978 a Cinisi si vota per le elezioni amministrative e Peppino Impastato passa alla politica attiva candidandosi nella lista di Democrazia Proletaria. Dalla sua radio, nel corso di una trasmissione che battezza Onda pazza, prende in giro mafiosi e politici e organizza comizi quasi quotidiani. È nel corso della campagna elettorale che viene ammazzato, dilaniato da una carica di tritolo, mentre è legato e bloccato sui binari della ferrovia. Gli investigatori parlano di lui come di un terrorista vittima di un ordigno che stava confezionando per un attentato contro le istituzioni. La sua morte passa sotto silenzio, perché lo stesso giorno, dentro il portabagagli di una Renault 4 parcheggiata in via Caetani, a Roma, viene trovato il corpo di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, che era stato rapito dalle Brigate Rosse.
Nel 1997, per l’omicidio di Peppino Impastato viene emesso un ordine di cattura a carico del boss Gaetano Badalamenti, che rinuncia all’udienza preliminare e chiede il giudizio immediato. L’11 aprile 2002 Badalamenti viene condannato all’ergastolo per l’omicidio del giovane attivista. Un risultato che raggiunge il grande pubblico grazie anche a un film I cento passi’, di Marco Tullio Giordana, che ha sottratto all’oblio la storia di Peppino facendola diventare un caso nazionale.