Dopo il carabiniere anche l’avvocato finisce in cella. Da alcune ore Cinzia Pecoraro è rinchiusa nel carcere Pagliarelli di Palermo. L’accusa è concorso in concussione e millantato credito. La sua posizione era apparsa subito critica. Ad inguaiarla una registrazione, prova inconfutabile, dicono gli investigatori, della complicità con Leo Pizzi, maresciallo calabrese in servizio a Palermo dal 2004, sorpreso mentre intascava una mazzetta da mille euro.
Contro di loro non c’è solo la denuncia del grafico pubblicitario che ha organizzato l’appuntamento trappola con il sottufficiale. Si è aggiunto, infatti, il racconto di un falegname. L’artigiano era stato indagato e prosciolto per circonvenzione di incapace. Pizzi era stato incaricato di identificarlo. Ed, invece, sarebbe andato oltre, facendogli credere che i magistrati continuavano a indagare sul suo conto, e proponendogli di chiudere la faccenda pagando tremila euro. Un pagamento mai avvenuto a differenza di quello che gli è costato le manette, scattate quando il grafico pubblicitario gli ha consegnato mille euro.
Alla consegna hanno assistito i militari del reparto territoriale guidato da Giuseppe De Riggi, Quanti altri casi restano da scoprire? Dalle perquisizioni effettuate su richiesta del pubblico ministero Maurizio Agnello è venuto fuori che il maresciallo in servizio alla stazione Olivuzza seguiva una serie di pratiche. Una sorta di doppio lavoro che condivideva con l’avvocato Cinzia Pecoraro, la cui voce è rimasta impressa in un nastro magnetico. Pizzi era stato incaricato di seguire la pratica di un incidente. Un automobilista aveva chiesto di attingere al fondo statale per le vittime della strada. Nella sua pratica aveva allegato anche la testimonianza del grafico che si è presentato nello studio della Pecoraro con un registratore nascosto. “Paga duemila euro e facciamo sparire il fascicolo”, gli avrebbe detto.