Il meraviglioso viaggio di Ibra | "Dopo la fame, blogger per l'Onu" - Live Sicilia

Il meraviglioso viaggio di Ibra | “Dopo la fame, blogger per l’Onu”

Ibra nella redazione di LiveSicilia.

La storia. Sedici anni, un passato di sofferenze. E l'arrivo che può cambiare la vita.

PALERMO – “Chiamatemi Ismaele”. Comincia così un grande romanzo in cui si narra la storia di una balena bianca e dei marinai che le davano la caccia per amore e pazzia. Qui la vicenda è parallela, ma diversa. Le balene bianche somigliano alla speranza declinata per tutti i mari che puoi immaginare. Il cacciatore non vuole ucciderle, preferisce cavalcarle e tenerle strette.

Lui – il protagonista di questo piccolo romanzo di formazione – ha sedici anni. E chissà per quale suggestione, quando varca la porta della redazione di LiveSicilia, Ibra – così si chiama – ricorda immediatamente Ismaele, il viaggiatore che solcò tutti gli oceani della disperazione, per approdare, infine, alla vita. La narratrice, l’ombra gentile che accompagna il ragazzo, Giorgia Butera, presidente dell’associazione ‘Mete Onlus’, racconta.

“Ibra è originario della Guinea. Decide di andare via perché nel suo paese c’è la guerra civile. Così, affronta una lunga traversata, prima nel deserto, poi via mare. Un’esperienza traumatica, per le violenze subite e la richiesta continua di denaro. Tutti parlano sempre degli sbarchi, quasi mai si accede alle terribili testimonianze su quello che accade prima. In Libia, lavorando come servo, raccoglie i soldi necessari. Lo scorso gennaio, l’approdo a Lampedusa e il successivo arrivo a Palermo, Qui ci conosciamo”.

“Il nostro incontro è stato diverso dal solito – prosegue Giorgia . Si è subito presentato con nome e cognome, senza timidezza. Non desiderava né internet, né il wi-fi, ma qualcuno con cui intrecciare un rapporto di amicizia, per sentirsi meno solo”. La conoscenza va avanti: “Ibra mi dice: ‘Voglio fare il giornalista e occuparmi di diritti umani’. Mi chiede un libro su Palermo, perché si considera palermitano. A un certo punto, dopo tanti corsi, tentativi e tanto impegno, diventa blogger per la campagna delle Nazioni Unite “Les Enfants Déracinés” sui migranti. Anche Unicef si accorge di lui e pubblica un articolo”. E piovono pezzi che scrutano con misericordia i marinai più sfortunati, resoconti dell’indicibile scritti da uno che era uguale a loro. “Penso che farà una bella carriera, perché ha i numeri giusti per realizzarsi. Mi ha detto tanto dei bambini reclutati dall’Isis, indottrinati e spinti all’odio”.

Mentre Giorgia naviga su e giù nella memoria, Ibra la segue in silenzio con lo sguardo acceso. Poi, si inserisce nella narrazione, confermando o aggiungendo frammenti della sua biografia. Davvero vuole fare il giornalista, nella visione romantica del vendicatore di torti e del collezionista di umanità che qualcuno riesce pure a incarnare. Davvero ha conosciuto la fame, la sete e le botte comminate da inesorabili aguzzini, autori di torture e carneficine. Ha lasciato sei fratelli in Guinea, con la mamma, perché il papà non c’è più. Guardandolo, ascoltandolo, si realizza il miracolo che non succede quasi mai. Non più migrante, ragazzo. Non più numerino di una strage consegnata alla freddezza delle sottrazioni, persona in carne, ossa e sogni, con mani e piedi come pinne per nuotare e andare lontano.

E con i suoi piedi Ibra-Ismaele va via, alla fine della chiacchierata.  L’anima letteraria di Ismaele che dice: “Solo io sono sopravvissuto per raccontare la storia” punteggia i suoi passi. Ci sono ancora stelle e pesci da cacciare, un equatore da raggiungere. “Scusa, ma se sei un giornalista in erba, siediti un attimo al computer e alla tastiera, vediamo come stai”. Una foto. Un ragazzo sulla rotta dei sogni. Davanti a lui una pagina bianca e guizzante, che attende parole come fiocine che non feriscono. E sembra la coda di una balena infinita.


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