"Il mio appello di dolore ai giudici: mio figlio non merita il carcere"

“Il mio appello di dolore ai giudici: mio figlio non merita il carcere”

Il "memoriale" accorato del presidente di Sicilia Risvegli Onlus, Pietro Crisafulli.
LETTERE IN REDAZIONE
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CATANIA. Riceviamo e pubblichiamo da Pietro Crisafulli, presidente di “Sicilia Risvegli Onlus”.

“Sono il papà di Agatino Crisafulli, attualmente detenuto nel carcere di Pistoia dal 14 settembre scorso, del cui caso Vi state occupando e per il quale c’è fissata udienza di Appello per il 10 marzo 2023, ed avete rigettato già due istanze di domiciliari presso la mia abitazione in Catania, a una distanza di oltre 1100 km, di cui una anche lavorativa. Le motivazioni per il rigetto di tali istanze sono in contrasto tra di loro: infatti, nella prima motivazione di rigetto veniva chiesto un lavoro su Catania. Da qui la seconda istanza, nella quale il lavoro c’era. Ma anche questa è stata rigettata e, nella motivazione di questo secondo rigetto, avvenuto pochi giorni fa, non si fa più menzione del lavoro.

Ho aspettato pazientemente prima di scriverVi, poiché ero convinto che mio figlio Agatino sarebbe stato scarcerato. Non credevo assolutamente che potesse rimanere in carcere per un reato di lievissima entità se paragonato all’omicidio dell’altro mio figlio. Mettetevi nei miei panni: un figlio mi viene ucciso sulla strada e la responsabile se la cava con pochi mesi e neanche un giorno di carcere. L’altro mio figlio, invece, viene tenuto in carcere con l’accusa di avere commesso reati che non sono minimamente paragonabili con quello del privare una persona della vita.
Oltretutto, nutro fortissimi dubbi sul fatto che mio figlio Agatino sia effettivamente colpevole dei reati di resistenza, lesioni e danneggiamento, per i quali è stato addirittura condannato a due anni con rito abbreviato, il che significherebbe che per questo presunto reato abbia avuto 3 anni.

Eppure, ci sono tantissimi casi dove i responsabili di reati peggiori non vengono nemmeno arrestati, come nel caso dell’uccisione di mio figlio Mimmo.

Volendo entrare sinteticamente su quanto accaduto a mio figlio Agatino: quando i carabinieri gli hanno chiesto i documenti, loro conoscevano molto bene mio figlio, sapevano chi era. Pertanto, chiedere i documenti con insistenza a una persona che conoscevano, non era necessario, poiché sapevano perfettamente come si chiamasse e dove abitasse. Oltre al fatto che mio figlio era a piedi insieme alla sua ragazza in una pubblica piazza. Non erano a bordo di un’auto. Il tutto è accaduto nel centro di una piazza piena di telecamere, ma stranamente non ci sono immagini su quanto accaduto.

A differenza dell’uccisione di mio figlio Mimmo, ucciso in una strada di periferia e in tarda serata, dove esiste il filmato che ha ripreso la scena del crimine.
Come mai in una piazza centrale con numerose telecamere e in pieno giorno, non ci sono immagini di quanto accaduto? Secondo voi, non è strano?

Questa situazione, come ben sapete, ha causato anche l’arresto non solo della sua fidanzata, ma addirittura della mamma, di un altro mio figlio e della di lui ragazza. Tutti scarcerati subito dopo l’interrogatorio.
I primi tre sono stati condannati in primo grado rispettivamente a due anni, a un anno e 10 mesi e un anno e 8 mesi. L’altro mio figlio con la sua ragazza, che vivono qui a Catania, devono essere ancora giudicati. Credo che, se avessi visto che veniva picchiato dai carabinieri, anche io avrei difeso senza ombra di dubbio mio figlio Agatino. Chiunque l’avrebbe fatto. Non essendoci prove certe, soprattutto da filmati stranamente mancanti, sono stati ingiustamente condannati pesantemente, con la speranza che in fase di Appello vengano tutti assolti perché i fatti non sussistono e non corrispondono con la realtà.
Per quasi 18 mesi, a causa di questa situazione, mio figlio Agatino è stato sottoposto all’obbligo di dimora che ha rispettato, tranne che per i fatti che enuncerò qui di seguito e che sono accaduti in ambito familiare.

Faccio presente che la denuncia nei confronti di mio figlio, che ha determinato la revoca della precedente misura e la sostituzione con quella della custodia cautelare in carcere, è frutto di una lite familiare. Nata da una discussione sul luogo di lavoro, presso i parenti della sua ragazza, dove Agatino da mesi non percepiva nessuno stipendio, nonostante fosse stato regolarmente assunto.

La lite familiare nasce proprio da questo. Non c’è stata nessuna rapina di cellulare: semplicemente, nel corso della discussione mio figlio ha preso il cellulare di sua cognata. Lei, poi, quando lo ha denunciato era ancora in preda alla rabbia e così ha esagerato il suo racconto, aggiungendo particolari che non corrispondono alla realtà. Nel prendere la denuncia, i carabinieri l’hanno impostata in modo che ha poi determinato la custodia in carcere di mio figlio.
Infatti, la cognata di Agatino, quando la rabbia è sbollita e dopo aver capito le conseguenze dell’esagerazione del suo racconto e del modo in cui era stato impostato nella denuncia dai carabinieri, si è recata in caserma e ha chiesto di rimettere la querela. Ma non ha potuto farlo, poiché nella denuncia l’atto di prenderle il cellulare è stato fatto risultare come una “rapina”, reato che comporta l’apertura d’ufficio della denuncia. Ovvio che se ci sarà un processo per questi fatti, la ragazza (cognata) categoricamente farà presente che ha già chiesto e pretende che venga ritirata la querela e che i fatti impostati sulla denuncia scritta dai carabinieri sono esagerati e non corrispondono con la realtà dei fatti accaduti.

Da quando è stato ucciso mio figlio Mimmo, Agatino è cambiato. La mancanza di giustizia subita dalla nostra famiglia ha peggiorato le cose. Ovviamente, anche lui come tutti noi vive un ergastolo di dolore.
Faccio presente che Agatino è cresciuto vedendo i suoi genitori e sua nonna assistere suo zio Salvatore, costretto in un letto in stato vegetativo permanente, li ha visti lottare perché venisse riconosciuto cosciente, ha assorbito l’amore, l’empatia, la capacità di sacrificarsi per chi si ama che per anni ha caratterizzato la sua famiglia. Lui stesso si è dato tantissimo da fare in ambito sociale sia per l’Associazione Sicilia Risvegli e sia per le Vittime della Strada. Prima che il fratello Mimmo venisse ucciso, insieme a lui aveva partecipato alla realizzazione del film capolavoro “La Voce negli Occhi” come attore, in una parte molto toccante, quella di quando mio fratello Salvatore aveva chiesto l’eutanasia, andando a morire in Belgio.
Ha anche realizzato la canzone “N’ERGASTOLO E’ DULORE” dedicata al fratello Mimmo e a tutte le vittime innocenti uccise sulla strada, facilmente reperibile sul web con migliaia di visualizzazioni.

Illustrissimi giudici, sono un padre devastato dal dolore, che ha perso un figlio e teme che l’altro, in carcere, possa perdersi per sempre. Vi chiedo di mettervi una mano mano sulla coscienza e mi auguro che possiate capire che tenere in carcere un dolce ragazzo come mio figlio Agatino potrebbe peggiorare ancora di più la sua situazione fisica, morale e psicologica.

Personalmente sono stanco di subire ancora cattiverie su di me e i miei cari.

Con la presente chiedo l’immediata scarcerazione di mio figlio Agatino, che torni libero e senza obblighi. In alternativa, la concessione degli arresti domiciliari presso la mia abitazione in Catania, autorizzandolo a recarsi a lavoro come già indicato nell’ultima istanza fatta dal suo avvocato, che chiedeva anche l’uso del braccialetto elettronico, che secondo me non è necessario. Anche perché io stesso ho bisogno di assistenza dato che sto male.
In attesa di una celere ed immediata scarcerazione di mio figlio, porgo i miei saluti ed attendo fiduciosamente la vostra decisione”.


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