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Il Parlamento avvisa il governo: | “Fare presto sulle Partecipate”

Il presidente della commissione Bilancio Nino Dina: "Il governo si è impegnato a produrre un disegno di riordino delle società. Bisogna sbrigarsi ed esitarlo entro la fine di giugno". Ma sono tanti i nodi: dall'acquisizione delle quote di Sicilia e-Servizi, ai debiti di Riscossione sicilia, mentre le cooperative attaccano Crocetta sulla vicenda Irfis-Ircac

"Una legge entro giugno"
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PALERMO – “Sulle Partecipate bisogna far presto”. Il Parlamento striglia il governo. “Il tempo stringe”, incalza attraverso una nota il presidente della Commissione bilancio Nino Dina. “Sarebbe opportuno – scrive Dina – che il Governo e la Commissione cominciassero il percorso istruttorio per giungere ad un progetto di riforma condiviso entro la fine del mese di giugno, in sintonia con i tempi dettati dal legislatore nazionale”.

E i tempi dettati dal legislatore nazionale sono chiari e ormai noti. Ma vengono ripresi nella lettera di Dina: le pubbliche amministrazioni, nei confronti delle società controllate direttamente o indirettamente che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore delle stesse superiore al 90 per cento del fatturato devono procedere allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013 oppure “all’alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute entro il 30 giugno 2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni, non rinnovabile, a decorrere dall’1 gennaio 2014. In tal caso, l’alienazione deve riguardare l’intera partecipazione detenuta dalla pubblica amministrazione”.

Il riordino delle partecipate, a dire il vero, era già stato previsto anche nell’ultima legge finanziaria. Ma è “saltato” insieme a tanti altri emendamenti. La Commissione bilancio e il governo, infatti, hanno deciso di destinare la materia a un distinto disegno di legge. “Il governo – insiste Dina – deve procedere rapidamente al deposito in Assemblea di un disegno di legge di riordino, al fine di rispettare i tempi dettati dalla disciplina nazionale. L’assessore Bianchi – ha ricordato Dina – ha annunciato di avere già predisposto un apposito disegno di legge, che prevederebbe una riduzione del numero delle società partecipate, alcune delle quali verrebbero accorpate”.

In effetti, la legge nazionale prevede in alcuni casi il mantenimento in vita della società. Si tratta di quelle società che svolgono servizi d’interesse generale, anche aventi rilevanza economica, le società che svolgono prevalentemente compiti di centrali di committenza, le società finanziarie partecipate dalle Regioni, quelle che gestiscono banche dati strategiche per il conseguimento di obiettivi economico-finanziari. La “deroga” alla chiusura o alla vendita delle Partecipate è rivolta anche a quelle società che – per le peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto, anche territoriale, di riferimento, – non è possibile immettere nel mercato.

“L’Assessore – prosegue Dina – ha affermato che il governo ritiene di dover mantenere l’Ast, Riscossione Sicilia (per la quale è stata già chiesta la deroga alle citate disposizioni nazionali), Siciliacque, Sviluppo Italia Sicilia e l’Irfis. Viceversa, Servizi ausiliari Sicilia, Sicilia emergenza-urgenza sanitaria, Sicilia turismo e cinema, Sicilia patrimonio immobiliare e Mercati agroalimentari Sicilia confluirebbero in una società unica. Infine, Sicilia e-servizi, Sicilia e-ricerca e il Parco scientifico e tecnologico della Sicilia verrebbero a loro volta accorpate. Nell’ambito del processo descritto, il personale attualmente occupato nelle società partecipate confluirebbe nelle nuove, compatibilmente con le esigenze di buon funzionamento di queste ultime”.

Ma non mancherebbero i dubbi. È il caso di Sicilia e-Servizi, “dal momento che, entro la fine di dicembre, – aggiunge Dina – il capitale detenuto dal socio privato di minoranza sarà interamente acquisito dalla Regione, secondo le disposizioni dello statuto della società, che però appaiono oggi in palese contrasto con la disciplina posta dal legislatore nazionale”. Insomma, mentre le leggi nazionali dicono di “vendere”, di “dismettere”, la Regione si appresta ad acquisire anche la quota dei privati.

Ma come stanno le partecipate che attualmente ancora “in piedi”? Non benissimo, dando un’occhiata ai conti. E non solo a quelli. Se l’Ast, infatti, riuscirà a coprire un disavanzo di quasi nove milioni, grazie ai dieci stanziati in bilancio attraverso un emendamento del governo, e frutto di una serrata discussione all’Ars (Crocetta rivendicò il diritto dell’azienda a ricevere quei soldi, anche a causa del ruolo ‘sociale’ rivestito: quello di coprire tratte meno convenienti da un punto di vista economico), fa discutere ancora lo stato di Riscossione Sicilia. “Si tratta – denunciò alcuni giorni fa Crocetta – dell’unico gabelliere che ha un passivo da dieci milioni”. Cifra confermata dalla Commissione bilancio. E ad aggravare la situazione, l’assenza, in Riscossione sicilia, di un cda, dopo la scelta – al momento naufragata – di nominare a capo della società Antonio Ingroia, e nel cda due esterni. Nomina contestata apertamente anche da alcuni deputati, come Toti Lombardo (Pds): “Le norme impongono un esterno e due interni”. Fatto sta che fino a lunedì, giorno in cui si riunirà l’assemblea dei soci, l’ex Serit andrà avanti senza cda.

Risultato d’esercizio negativo anche per “Mercati agro alimentari Sicilia” (-800 mila euro), Parco Scientifico e tecnologico della Sicilia (- 534 mila), Lavoro Sicilia (-285 mila) e Sicilia e-Servizi (-177 mila). Bilanci ok per Sicilia patrimonio Immobiliare, con un risultato d’esercizio positivo di 320 mila euro e Irfis, con un segno “+” di 3,2 milioni. E in Irfis avrebbero dovuto confluire anche i due enti pubblici economici regionali: Crias e Ircac. Un’idea prevista in Finanziaria, e saltata anche questa, come sappiamo. E sulla vicenda nelle scorse ore è tornato il presidente Crocetta: “Quando abbiamo parlato di accorpamento di Ircac in Irfis hanno fatto passare il messaggio che noi volevamo togliere soldi alle cooperative. In realtà, Ircac tiene immobilizzato un proprio patrimonio da 100 milioni, che frutta però ogni anno il 6,5%. E quei 6,5 milioni li usa per le spese di funzionamento e per i compensi. Ci credo che non vogliono passare il fondo Irfis…”.

Ma è arrivata secca la replica delle cooperative: “Le Centrali Cooperative – si legge in un comunicato congiunto di Confccop, Legacoop, Agci – sono escluse dalla gestione dell’istituto già da cinque anni, da quando cioè il governo decise di aprire una stagione commissariale che si è protratta, va detto, contro ogni previsione di legge, fino ad oggi. Invero, l’Ircac ha una disponibilità liquida depositata presso la Unipol Banca, quale tesoriere dell’ente, di euro 105.894.051 di cui impegnati euro 96.184.277. La Unipol Banca corrisponde direttamente alla Regione Siciliana – e non all’Ircac – sui detti depositi, un tasso di interesse pari al 6,50%. Le spese di funzionamento dell’Ircac, sul quale appunto non gravano i compensi degli amministratori, non vengono coperte dagli interessi prodotti, ma, come prevede l’art. 55 della L.R. n. 10/99, dalla commissione sui finanziamenti gestiti. Quindi non è vero – aggiungono – che ci sono stati soldi dell’istituto o della Regione impegnati per i compensi degli amministratori. È vero invece che il fondo dell’Ircac sia stato bloccato, o almeno che sia stata bloccata la sua parte più consistente. Il particolare di non poco conto, che evidentemente non è stato riferito al Presidente, e che tale blocco non è dipeso dall’IRCAC ma dalla Regione Siciliana, con propri decreti”. Insomma, per il riordino delle partecipate bisogna far presto. Ma l’impressione è che per il governo sarà una “corsa ad ostacoli”. Non certo una passeggiata.


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