Da qualche giorno Nello Musumeci ha riunito figli e nipoti nel casale di famiglia incastonato tra i comuni di Militello e Scordia, alle falde dell’Etna. “In questo posto -confida Musumeci a Livesicilia – ritrovo la mia dimensione, ci sono odori e sapori che mi catturano”.
Il programma della settimana di Ferragosto prevede la partecipazione, il 15 e 16 agosto, alla festa padronale di San Rocco, il patrono di Scordia, per poi arrivare a Militello il giorno successivo, quando inizieranno i festeggiamenti del Santissimo Salvatore. Processioni, festeggiamenti, fede: Nello Musumeci teme che quelli patronali saranno gli unici fuochi d’artificio di questa lunga estate elettorale, iniziata a luglio con le dimissioni di Raffaele Lombardo e destinata a concludersi tra ottobre e novembre con l’elezione del nuovo presidente della Regione. Musumeci non ama i giri di parole e va subito al centro della questione: il Pdl siciliano. “Non riesco a capire la condotta del partito di maggioranza relativa del centro destra – dice – sembra che abbia rinunciato a lottare e abbia deciso di perdere queste elezioni regionali prima di iniziare a combattere”.
La settimana di Ferragosto è quella decisiva e per Musumeci il Pdl rischia di accumulare ritardi insanabili. “Il primo partito di maggioranza -spiega il leader di Alleanza Siciliana – avrebbe dovuto subito creare un tavolo di confronto con le altre forze dell’area, della coalizione, individuare insieme un percorso comune, abbozzare un programma non con 50, ma con 3-4 cose essenziali e poi cercare una condivisione sul nome del presidente”. “Nel Pdl regna il silenzio – incalza Nello Musumeci – c’è una sorta di panico che finisce per contagiare gli altri e per trasmettere al corpo elettorale uno stato d’animo disarmante improntato alla resa e alla sfiducia, oltre che alla rassegnazione”. Su queste basi il Pdl rischierebbe di perdere quella che l’ex presidente della provincia di Catania ritiene essere “una grande occasione”.
“La stragrande maggioranza del popolo siciliano si riconosce nella tradizione di un blocco di centro destra, per il richiamo alla cultura cattolica, centrista, sociale, di tradizione nazionale, ma anche laica e autonomista”. Appunto, “autonomista”, la parola chiave, “ma senza farne abuso – sottolinea Musumeci – noi ci rifacciamo all’autonomismo unitario di Vito Cusimano, Dino Grammatico, Pippo Tricoli e Benito Paolone, cioè all’autonomismo che deve rappresentare per la Sicilia una prerogativa, un’opportunità di crescita e non un privilegio per fare gli affari propri”.
“Io penso – aggiunge ancora il leader di Alleanza siciliana– che il lancio dell’autonomismo vero, di un progetto fatto di 3-4 obiettivi concreti, improntato ai valori della legalità e dell’impegno antimafia, potrebbe trovare ancora oggi l’interesse della stragrande maggioranza dei siciliani, di fronte a una sinistra balbuziente che ha saputo, con il camaleontismo, apparire vergine rispetto al disastro della Sicilia”. Ma in Sicilia, almeno in questo momento, non c’è autonomismo senza Lombardo, anzi senza “lombardismo”, come lo chiamano gli ex alleati democratici del Mpa.
Ma lei cosa ne pensa dell’autonomismo lombardiano?
“L’autonomismo è antico quanto lo statuto siciliano, quello di Lombardo rappresenta soltanto l’ultimo capitolo. Era partito col piede giusto perché sembrava veramente che volesse avviare una stagione di riforme; poi c’è stata la degenerazione, almeno sul piano del quadro politico, perché chi ha vinto è rimasto fuori e chi ha perso è andato a governare”.
Prima di parlare di strategie politiche Nello Musumeci si concede un’analisi: “La Sicilia vive il momento più drammatico del dopoguerra, in questo contesto c’è bisogno di fare appello a tutte le forze sane che si ritrovano con un minimo di affinità culturale attorno ad un progetto concreto e legato ad obiettivi di breve e media scadenza. Se tutte le forze che si richiamano all’autonomismo dovessero credere in questo obiettivo, credo che veramente potremmo voltare pagina”.
I partiti di destra e sinistra, secondo l’ex presidente della provincia di Catania, sono macchiati da una sorta di peccato originale. “Nessuno -sostiene Musumeci- può puntare il dito e tentare di fare l’accusatore contro l’altro. Negli ultimi 15 anni centro destra e centro sinistra hanno condiviso responsabilità di governo in Sicilia”. Per questo, sostenere di non essere corresponsabili dello stato delle cose sarebbe, secondo Musumeci, “una grande e ignobile bugia”.
“Prima bisogna riconoscere i propri errori, fare un bagno di umiltà, poi – spiega Musumeci – può essere costruito un progetto serio senza giustizialismo e senza minimizzare la gravissima caduta che ha subito l’etica della responsabilità in politica”.
E come si traduce questo progetto nell’azione politica di ogni giorno?
“Noi abbiamo il dovere di richiamare ciascuno al pieno rispetto delle regole che non sono quelle imposte dal codice penale ma dal buon senso. Bisogna scegliere ciò che appare giusto rispetto a ciò che è utile”.
“Se Il Pdl, che è il primo partito della coalizione, continua ancora nel logoramento del silenzio contaminando gli alleati con la cultura dello smarrimento o della rassegnazione, ciascuno andrà per conto proprio, nessuno riuscirà a mettere in campo un progetto credibile e noi consegneremo la Sicilia a uomini che avranno avuto la furbizia, più che la capacità, di sapersi muovere prima e meglio del centro destra”.
Nello Musumeci tiene a precisarlo: “Non mi sono mai candidato, non ho mai posto la mia candidatura perché non ci sono le condizioni politiche perché io lo faccia”. Poi a mezza bocca confida che il suo nome è in cima ai sondaggi di gradimento commissionati dal pdl romano. “Solo questo mi hanno comunicato al telefono – spiega – e questo non basta per scendere in campo come candidato presidente. Io sono uomo di squadra, sono convinto che l’alleanza in politica sia un vantaggio per chi ci crede e sia un male necessario per chi non ci crede. Abbiamo il dovere di creare questa coalizione perché all’interno di ogni partito ci sono risorse importanti da valorizzare ma ancora più importante è che il presidente sia condiviso, non ricattabile e non prigioniero delle segreterie di partito nazionali e siciliane”. Solo su queste basi è possibile, per Nello Musumeci, “avviare una stagione di rinnovamento e di rivincita economica e sociale”.
Creata la coalizione, quindi, Musumeci sarebbe pronto a scendere in campo da candidato presidente “sarei disponibile a farlo – sottolinea – insieme agli alleati, non candidarsi sarebbe da disertori. Io ho la volontà di vincere, ma questa volontà non la vedo nei possibili alleati”.
Dopo le dimissioni del catanese Raffaele Lombardo, si fa sempre più insistente la candidatura di un palermitano nel centro destra, anche per favorire l’alternanza tra gli uomini che provengono dalle due città chiave del potere isolano. Musumeci non è d’accordo: “I presidenti della Regione palermitani sono stati più numerosi dei catanesi, ma in questo caso serve un uomo credibile che sia capace di dialogare con le forze sociali e culturali che non sono del centro destra”.
Col tempo si vedrà se si tratta soltanto di un’accreditata ipotesi giornalistica: affiancare Nello Musumeci ad un candidato presidente palermitano come Roberto Lagalla. “Una persona molto preparata – commenta Musumeci – l’ho conosciuto quando era assessore regionale alla Sanità. So che è molto apprezzato negli ambienti universitari ma non conosco il suo grado di notorietà”.
Una domanda secca: chi comanda il Pdl e può stabilire le regole?
“Temo nessuno, anzi, se posso integrare, temo nessuno o tutti: siamo all’anno zero”.
Ci tiene a sottolinearlo quando parla di Miccichè: “E’ un mio amico, dice di aver avuto il disco verde da Berlusconi, ma avrebbe dovuto avere anche un’ufficialità”. All’interno del Pdl non c’è stato ancora un momento chiarificatore, un’occasione nella quale Musumeci confida ancora: “bisogna aprire la fase di interlocuzione con Pid, Grande Sud, Destra e Udc”. A sinistra molti occhi sono puntati su Claudio Fava, altrettanti su Rosario Crocetta, l’ex sindaco di Gela europarlamentare del Pd. “Ho conosciuto Claudio Fava al parlamento europeo – confida Musumeci a Livesicilia – ho grande rispetto per il suo impegno sociale e civile”.
E chi butterebbe giù dalla torre tra Crocetta e Fava?
“Sicuramente Crocetta, perché mi piacerebbe confrontarmi, da candidato presidente, con Claudio Fava”.
La sua ricetta politica?
“Chi governa deve saper trasmettere speranza e fiducia. Noi abbiamo bisogno di restituire ai siciliani il diritto a credere che il domani possa essere diverso e migliore. Per farlo non bastano soltanto obiettivi, non basta definire strategie, serve la credibilità di chi guida questo progetto e la credibilità è un patrimonio che non si compra al supermercato”.
Quale sarebbe la prima mossa di Nello Musumeci presidente?
“La riforma della pubblica amministrazione, è il cancro che rischia di vanificare ogni tentativo che cambiamento della Sicilia”.