Possiamo distogliere lo sguardo dai massimi sistemi, dalla giunta, dal rebus delle deleghe? Possiamo abbassarlo ad altezza di bambino? Se riusciamo a farlo, vedremo un ragazzino che piange, un piccolo bengalese di quelli che non piacciono all’onorevole leghista Salvini. I suoi genitori lo costringevano a vendere rose a un semaforo di Palermo. Sono stati denunciati. Forse non interessa a nessuno. Forse siamo ansiosi di dividerci pro o contro l’ultimo editto di Castiglione o il penultimo sospiro di Lombardo. Ma forse ci conviene porgere l’orecchio, fino all’impatto col pianto di un bambino. Il premio? Conservare un po’ di umanità, nell’epoca in cui tutto sembra normale: anche il dolore dei più deboli.
La storia è appunto una fra tante. Gli agenti – come racconta il comunicato della polizia – hanno notato il bambino fermo a un semaforo tra via Empedocle Restivo e via Brigata Verona, esausto e accaldato. E’ stato lui stesso a raccontare alla pattuglia che quello era il suo lavoro: i genitori lo accompagnavano al semaforo ogni mattina per riportarlo a casa intorno alle otto di sera. Non è un pezzo raro in questa città. Non è un evento strano. C’era un bambino come quello di via Empedocle Restivo a piazza Cascino. Studiava a scuola la mattina. Di pomeriggio vendeva fazzolettini all’incrocio. Gli automobilisti, nel corso degli anni, l’hanno visto cambiare. Hanno visto i suoi occhi scolorire, diventare grandi nel modo peggiore. Hanno visto la sua speranza accartocciarsi, bruciare nel fuoco della rabbia. Il padre lavorava di notte alla pompa di benzina.
Anche il ragazzino di via Restivo ha un padre, che si è giustificato con gli agenti. “Non ho abbandonato mio figlio – avrebbe detto – l’ho solo spinto a fare quello che io facevo da piccolo”. Di rosa in rosa. Di spina in spina. R.P.
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