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Il racket del compagno di banco

Domani in edicola il nuovo numero di "S - il magazine che guarda dento la cronaca". Felice Cavallaro, oggi sul Corriere della Sera, firma un'ampia anticipazione di uno dei servizi del prossimo numero
"S" sul Corriere della Sera
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Domani in edicola il nuovo numero di “S – il magazine che guarda dento la cronaca”. Felice Cavallaro, oggi sul Corriere della Sera, firma un’ampia anticipazione di uno dei servizi del prossimo numero.

Nella città delle pesche e delle rose il diario di un imprenditore adesso sotto scorta racconta la tragedia di una comunità dove due compagni di scuola possono ritrovarsi 35 anni dopo faccia a faccia, uno pronto a chiedere il “pizzo”, l’altro a rischiare la vita se non paga. Dieci anni di minacce e attentati mafiosi, di incendi ai mezzi dell’impresa e di cartucce lasciate fra casa e auto.  Ecco l’incubo di Ignazio Cutrò culminato negli arresti di alcuni mesi fa, quando dopo le sue denunce in carcere a Bivona, fra Agrigento e Sciacca, finirono anche i fratelli Maurizio, Marcello e Luigi Panepinto. Quest’ultimo additato ai giudici dallo stesso Cutrò, primo passo di una liberazione sfociata in una vita blindata e nella riflessione su “quel bimbo biondino che mi sedeva di fianco negli anni delle elementari”, come rivela nel diario domani in edicola con ‘S’, il mensile che guarda oltre la cronaca della casa editrice Novantacento.

Rabbia e amarezza permeano il ritratto di Panepinto nei panni del “nemico ritrovato”, come lo descrive Cutrò:         “Con Luigi siamo stati compagni alle elementari. Per me era rimasto il compagno di banco. Guarda come il fato intreccia e divide il destino delle persone… Non so come si svolgerà il processo, ma comunque vadano le cose, non gli porterò mai rancore, lo ricorderò sempre come quel compagnetto di banco biondo con cui dividevamo la merendina e giocavamo a pallone insieme…”. È un racconto semplice, vergato in prima persona, da questo piccolo imprenditore edile nato nel 1967, adesso isolato nella sua Bivona dove sogna di fondare una associazione antipizzo:  “Ma l’unico conforto per ora sono i carabinieri del capitano Alessandro Trovato e il prefetto Umberto Postiglione”. E spiega di avere messo tutto nero su bianco nei prini giorni della sua nuova vita, sei mesi fa, quando è diventato “testimone di giustizia”, fiero davanti ai suoi due figli, Giuseppe, 18 anni, deciso ad entrare nell’Arma, e Veronica, aspirante ragioniere.  “Scrivo per loro”, spiega Cutrò rispolverando i suoi ricordi di scolaretto:  “A sette anni entra in classe una maestra e dice che ha bisogno di 5 ragazzi per formare un’altra classe. E sceglie proprio me e Luigi, da allora sempre insieme, il pomeriggio a giocare a nascondino, con le catenelle di plastica, con le ‘strummule’, le nostre trottole, e sui ‘carruzzuna’, assi di legno…”. Già Ignazio e Luigi questi antenati degli skate board se li costruivano con le loro mani.  Saldando complicità e amicizia poi sfumate anche perché il primo studiava e l’altro si faceva bocciare.

Ignazio comincia a lavorare presto col padre che un giorno muore travolto dal suo trattore. E diventa improvvisamente grande. Costretto a guardare in faccia una realtà permeata di violenza. Nel ’99 l’incendio della prima pala meccanica. Poi altre minacce, seguite ogni volta dalle denunce. Un osso duro. Ma provano a distruggerlo ugualmente. Anche bruciando i tubi di un acquedotto al quale lavorava dopo aver vinto la gara d’appalto.  “Sgobbavo dall’alba fino alle cinque della sera. Ma alle 21 tornavo in cantiere a dormire in macchina solo come un cane con un secchio di pietre e una spranga di ferro. La notte lì pensavo a tante cose e mi chiedevo se ne valeva la pena, parlavo con me stesso…”. Ma una notte non fece la guardia. Alle 6 del mattino la telefonata. «I mezzi bruciano». E comincia il tracollo finanziario. Sfociato nelle denunce, nei riconoscimenti e nel diario: “Adesso mi ritrovo però su una macchina blindata, sotto scorta. I giorni passano tristi e su questa macchina da dietro i finestrini spessi quattro centimetri vedo la gente libera, tranquilla…”.


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