Le prove raccolte non bastano per chiedere un processo. Sono, però, sufficienti per ottenere un sequestro di prevenzione. Da oggi tutti i punti vendita della Ferdico Giuseppe & C snc sono in amministrazione giudiziaria. Si tratta di una dozzina di market, a Palermo e provincia, intestati al re dei detersivi, alla moglie e ai loro tre figli. A cominciare dal centro commerciale di Carini. La proposta di sequestro, eseguita del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza, è stata avanzata dai pubblici ministeri contestualmente alla terza richiesta di archiviazione per le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio. Sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere se chiudere il caso, come chiesto dal pubblico ministero Gaetano Paci, o se rinviare Ferdico a giudizio. Nel frattempo, però, è scattato il sequestro che riguarda anche case e terreni. Il valore complessivo dei beni supera i 450 milioni di euro.
L’attività di Ferdico è stata scandagliata dai finanzieri. La sua vertiginosa scalata imprenditoriale ha destato sospetti. Niente riscontri concreti, però, alle accuse di concorso in associazione mafiosa e riciclaggio. Da qui le richieste di archiviazione nonostante le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia su uno dei più noti imprenditori della grande distribuzione in città. In particolare, i pentiti misero a verbale che i fratelli Stefano e Angelo Fontana avevano utilizzato le attività di Ferdico per ripulire 400 milioni di lire. Il nome dell’imprenditore compariva pure in alcuni pizzini sequestrati a Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Si faceva riferimento ad assunzioni e pagamenti. Tutte accuse bollate come generiche e non riscontrabili dalla difesa. Ferdico si è sempre definito una vittima. Altro che imprenditore a disposizione dei mafiosi. Ha ammesso di avere pagato il pizzo, anche sotto forma di assunzioni, “per quieto vivere”. Poi, nei giorni dell’operazione Gotha, siamo nel 2006, saltò fuori che i mafiosi facevano la bella vita con i suoi soldi e Ferdico, assistito dagli Roberto Tricoli e Luigi Miceli Tagliavia, decise di dire basta.
Adesso per il re dei detersivi e i suoi familiari è scattato il sequestro in sede di misure di prevenzione. Un provvedimento che segue una storia diversa dal procedimento penale. A differenza delle misure cautelari, quelle di prevenzione non presuppongono la commissione di un reato, ma hanno lo scopo di prevenirlo per arginare la pericolosità sociale di un individuo. Basta, cioè, che sia “sufficientemente o altamente probabile l’appartenenza al sodalizio criminale, senza che si raggiunga il livello della certezza”. Quella certezza necessaria affinché il sospetto diventi prova giudiziaria in un processo penale.
Nonostante la richieste di archiviazione, i pm avevano sottolineato “un incremento pari al 400 per cento del fatturato” da parte di Ferdico che nel 1995 dichiarava un reddito di appena 15 milioni. I consulenti scrissero pure che ci si trovava in presenza di una “confusione contabile” che potrebbe “occultare risorse finanziarie aliene”.
I legali di Ferdico, gli avvocati Roberto Tricoli e Luigi Miceli, hanno sempre sostenuto che “l’imprenditore sta subendo un nocumento imprenditoriale e personale, nonostante la Procura della Repubblica di Palermo si sia determinata ad avanzare più richieste di archiviazione, all’esito di una attenta e vastissima indagine che ha scandagliato l’intera attività commerciale esercitata dalle aziende di Ferdico”. Oggi l’avvocato Miceli aggiunge: “Siamo fiduciosi di potere far valere le nostre ragioni anche in sede di misure di prevenzione. La proposta di sequestro, a nostro parere, parte indebolita dalla richiesta di archiviazione. Auspichiamo che si faccia chiarezza al più presto visto che il signor Ferdico è indagato dal 2006 senza che, prima d’ora, gli fosse stata applicata alcuna misura cautelare o patrimoniale”. L’udienza davanti alla sezione Misure di prevenzione è fissata per il 28 novembre.