PALERMO – Di sicuro, da quelle parti il 5 dicembre qualcosa accadrà. Se una cosa è certa, insomma, è che dopo il referendum, nel Pd si assisterà a un mezzo terremoto. Il Sì potrebbe dare a Renzi la forza necessaria per chiudere definitivamente il partito ai tanti “compagni” che hanno scelto la strada del No. Ma la bocciatura della riforma, di conseguenze potrebbe produrne anche di più pesanti: con un governo nazionale probabilmente da rifare e una leadership che potrebbe uscire indebolita.
E in Sicilia, che succederà? Difficile dirlo, ma di sicuro c’è che qualcuno ha già compiuto una scelta di campo. È il caso dei pochi che hanno sfidato il “grosso” del partito, per dire di No alla riforma. È il caso dell’attuale assessore alla Formazione Bruno Marziano, ma anche i deputati regionali del Pd che si riconoscono nella minoranza di sinistra rappresentata da Roberto Speranza: si tratta di Mariella Maggio e Pino Apprendi, appena tornato all’Ars. Mentre in parlamento nazionale il No è stato espresso dall’ex governatore Angelo Capodicasa.
Il resto? Tutto con Renzi. Ma con gradazioni di fedeltà diverse. Si è fatto vedere spesso e volentieri al fianco del premier, ad esempio, Antonello Cracolici. Ma le sue manifestazioni per il Sì erano altra cosa rispetto alle kermesse renziane. È il caso proprio dell’evento organizzato venerdì scorso alla presenza del ministro all’Agricoltura Martina. “Noi non andiamo lì” ha confidato qualche renziano del Pd. Lì, cioè tra i “democratici per il Sì”, altra cosa rispetto agli uomini del Basta un Sì. In quell’area nella quale si riconoscono anche il segretario regionale dei democratici, Fausto Raciti e persino “l’impresentabile” Mirello Crisafulli.
Nonostante l’apparente armonia, i solchi sono netti. E sono persino maggiori di quello che appaia. Perché a complicare il fronte, in vista del referendum, è il movimento Sicilia Futura di Totò Cardinale, capace di aprire cento comitati per il Sì in tutta la Sicilia. Più realista del re, la forza politica che annovera anche ex berlusconiani ed ex fedelissimi di Lombardo, è stata tra le più attive nella spinta verso il Sì. E ha recitato un ruolo di primo piano in occasione dell’ultima visita di Renzi. La vittoria del Sì, insomma, sarà “riscossa” anche dagli uomini dell’ex ministro.
E intanto, il Pd ha fermato tutto. A Palermo, ad esempio, le candidature per le primarie a sindaco, inizialmente previste per il 20 novembre, non sono mai arrivate. A riprova di quanto decisivo possa rivelarsi questo referendum anche negli equilibri non solo interni, ma anche con gli alleati. In particolare con quell’area di centro che al momento sostiene il governo Renzi, ma che potrebbe polverizzarsi, di fronte a una vittoria del No. Aprendo scenari completamente diversi.
Così come potrebbe cambiare tutto nel Pd in vista delle prossime elezioni regionali. Il Sì ovviamente renderebbe più forte Renzi e i suoi, anche nella scelta del prossimo candidato alle Regionali. Lo stesso Davide Faraone, a quel punto, potrebbe fare la voce grossa, in vista della corsa a Palazzo d’Orleans. E rafforzerebbe anche altri big come Giuseppe Lupo schieratosi per il Sì, e lo stesso assessore alla Salute Baldo Gucciardi. Ma non mancheranno le sorprese. Perché nel frattempo il Pd “renziano” si è imbottito di new entry. E molte scalpitano: in particolare nel Catanese, dove i deputati Luca Sammartino e Valeria Sudano sono attivissimi, sia in vista delle elezioni del sindaco di Catania, sia per quelle del capoluogo. E un Sì potrebbe dare un’altra spinta ai renziani rampanti.