Ma dove sono i moralisti e i moralizzatori di quest’ultima, sfortunata stagione della politica regionale? Dove sono i puri e duri che il governatore Raffaele Lombardo ha chiamato nella propria giunta per reprimere le nefandezze di lobbisti, mezzi boss e traffichini? Dove sono i paladini del rigore e della trasparenza che ogni giorno frugano nel sistema di potere cuffariano per prevenire la reiterazione di ogni peccato e di ogni reato? Dove sono i professionisti dell’antimafia che tanto troneggiano sui giornali nazionali come campioni di buongoverno e di lotta al pizzo? Dove sono i maestrini della politica, quelli che seduti a Roma, tra le più alte cariche dello Stato, dicono di vivere e operare solo per il bene della Sicilia, comunemente chiamata “la nostra amata terra”? Dove sono i valenti proconsoli di Berlusconi, quelli che avrebbero dovuto raddrizzare le gambe al cane dei dissensi interni alla maggioranza e riportare finalmente un po’ di pace tra le stanze di Palazzo d’Orleans? Chiamateli, per favore. Perché da qualche giorno fanno finta di non sapere di quali scempi e di quali ritardi è lastricato il cammino del governo siciliano. I giornali di Palermo e Catania, anche i più benevoli nei confronti di Lombardo, non riescono più a nascondere la dimensione del disastro, e non c’è una sola pagina dove non si racconti la storia di una promessa mancata, di una manovra azzardata o di uno scandalo annunciato.
Prendiamo la cronaca di ieri: nei titoli alti ecco le facce dell’ultima rissa, quella tra Lombardo e l’assessore Incardona, per la spartizione dei soldi e delle poltrone legate alla formazione professionale; vai qualche rigo più in giù ed ecco lo scontro – anche questo costosissimo: duecento milioni di euro – su come risarcire le ditte che avevano vinto la gara per la costruzione di quattro termovalorizzatori destinati a risolvere il problema dei rifiuti; abbassi un altro poco gli occhi ed ecco che torna la vecchia questione dei fondi europei non ancora assegnati, del bilancio della Regione non ancora approvato o del piano casa che spacca ancora una volta il Partito della Libertà, con Fabio Mancuso da un lato, l’assessore Gentile seduto dall’altro lato, e il capogruppo Leontini che, da quando ha cominciato ad occuparsi di sanità, non riesce più a trovare un salutare punto di incontro tra sé e la maggioranza della quale fa parte.
Ma ciò che più scoraggia, quando si sfoglia questo breviario dell’impotenza, non è tanto la frequenza e la rapidità con la quale esplodono i conflitti interni ed esterni al governo della Regione. E’ la giaculatoria con la quale Lombardo tenta di schermare i suoi straripamenti elettorali. E’ successo con la riforma sanitaria, è successo con il riordino dei vertici burocratici, sta succedendo con la formazione professionale. “Vogliamo abbattere vecchie logiche”, ripete ai giornalisti sospettosi dei suoi percorsi. E così dicendo fa scattare il giochino. Che consiste essenzialmente nell’allontanare i personaggi del vecchio teatrino cuffariano per rimpiazzarli con uomini che hanno già dimostrato un’incrollabile fede nel suo Mpa. Si pensi alla formazione, una palude che brucia ogni anno quasi 250 milioni di euro per corsi che servono solo a mantenere in vita oltre settemila dipendenti, regolarmente inquadrati in rigorosissime caselle clientelari. L’assessore Incardona ha cercato, bene o male, di metterci mano. Però non ha fatto i conti col governatore. Che glie lo ha impedito con ogni mezzo, anche a rischio di una crisi di governo. Si dirà: ma lui, Lombardo, non era l’uomo che voleva abbattere le “vecchie logiche”? Sì, ma da quando il dirigente generale della Formazione è Patrizia Monterosso, donna di provato affetto per l’Mpa, meglio lasciare il mondo per com’è; meglio mortificare l’irrequieto assessore e consegnare ufficialmente il comando al fidato superburocrate. Sempre di rinnovamento si tratta. Ma di rito etneo.