PALERMO – Il centrodestra sembra pronto a ricascarci un’altra volta. Cinque anni fa la spaccatura che attraversò la coalizione partorì due candidature, quelle di Gianfranco Miccichè e Nello Musumeci, che di fatto spianarono la strada per Palazzo d’Orleans a Rosario Crocetta. Il film potrebbe ripetersi a quest’altro giro. Il centrodestra siciliano si è spaccato sulle primarie abortite e la settimana scorsa Nello Musumeci ha rotto gli indugi lanciando di fatto la sua corsa. Con lui, oltre al suo movimento #DiventeràBellissima, anche Fratelli d’Italia, i salviniani e l’ex coordinatore forzista Enzo Gibiino. Dall’altra parte Forza Italia, con Gianfranco Miccichè che invita a non avere fretta, e il Cantiere popolare di Saverio Romano, che sabato presenterà a Palermo la sua lista palermitana a sostegno di Fabrizio Ferrandelli.
Il punto della discordia sarebbe legato alla possibilità di attrarre il voto dei moderati. Secondo i centristi e i forzisti il profilo di Musumeci non sarebbe quello adatto. E se lo stesso Miccichè ammette che i cuffariani vorrebbero candidato l’ex rettore Roberto Lagalla, Forza Italia dal canto suo si riserva di offrire al tavolo un proprio nome. Ma il tavolo al momento sembra saltato.
La questione lascia una serie di interrogativi irrisolti. Anzi tutto, se ha ancora senso parlare di “moderati” in contesto politico molto diverso da quello bipolare della contrapposizione centrodestra-centrosinistra del ventennio berlusconiano. In secondo luogo, bisognerebbe capire chi ha la chiave del cuore di questo elettorato moderato e perché il profilo rassicurante di Musumeci, con il suo curriculum di amministratore stimato anche dagli avversari, non sia quello adatto per quel tipo di sensibilità.
Di certo, nel centrodestra nazionale il quadro siciliano alimenta preoccupazioni. “Stiamo commettendo un grave errore in Sicilia. E se il centrodestra perde lì, regala la guida del Paese”, ammoniva nei giorni scorsi Stefano Parisi, già candidato del centrodestra a Milano e aspirante costruttore di una nuova casa dei popolari e dei liberali, “Il pericolo di un governo di 5Stelle in Sicilia è reale – diceva Parisi a Repubblica -. E una vittoria a Palermo sarebbe prodromica a un successo a Roma. L’isola è sempre stata laboratorio, e lì cominciò l’avanzata di Grillo. Ma lancio un appello: siamo ancora in tempo, assieme alle altre forze del centrodestra che si sono sfilate dalle primarie, a lavorare insieme su una proposta di qualità. È un invito che rivolgo anche a chi è stato alleato di Crocetta”.
Anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia invita a scongiurare la divisione: “Bisogna fare uno sforzo anche in Sicilia per arrivare a una candidatura spendibile, seria e unitaria – dice al Tempo – . Ho visto che Nello Musumeci ha lanciato la sua candidatura. Io propongo un appuntamento definitivo di tutti i partiti del centrodestra siciliano per il 15 maggio. Data nella quale scoprire tutte le carte per decidere il nome più spendibile. Dividersi un’altra volta sarebbe folle e significherebbe regalare la Sicilia ai 5 Stelle: sarebbe il colpo di grazia”.
Ma le buone intenzioni si scontrano con una frattura che sembra oggi complicato sanare. I berlusconiani proveranno a venirne fuori tirando fuori una candidatura forte, magari quella di un ex ministro di lungo corso che incontra l’apprezzamento del Cavaliere e del suo luogotenente siciliano Miccichè. Ma non è detto che tanto basti per ricucire lo strappo con la pattuglia guidata da Musumeci. I pontieri sperano ancora in un lieto fine: “Dobbiamo trovare le cose che ci uniscono e non quelle che ci dividono. Il candidato deve essere quello che ha il maggiore afflato con l’elettorato – dice a Livesicilia il capogruppo forzista all’Ars Marco Falcone –. Valutiamo in maniera seria senza giocare a mettere candidati che possano essere barriere per qualcuno. Musumeci vuole portare al governo il centrodestra e da solo non può farlo. Ci vuole il dialogo e nessuno può permettersi il lusso di dirgli: tu non puoi essere il candidato perché sei di destra. E non credo che sia vincente cercare papi stranieri”. L’accordo però è ancora lontano. E con un centrosinistra ancora lontanissimo dal trovare una quadra, è tutto grasso che cola per i 5 Stelle.