Il sindaco Caputo:| "Si utilizzino le aree libere" - Live Sicilia

Il sindaco Caputo:| “Si utilizzino le aree libere”

"Saremmo portati a pensare - afferma il sindaco - che la strategia della società possa essere quella di mantenere la rendita di posizione industriale per altri due, tre o cinque anni, al fine di vendere i terreni col progetto approvato".

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BELPASSO – Ecco l’intervento del sindaco di Belpasso, Carlo Caputo, in relazione alla richiesta di proroga termini ultimazione lavori concessione edilizia n. 95 del 2008 (parco mediterraneo srl-c.da Peschiera).  In data 21 giugno c.a. giunge al protocollo del nostro Comune una istanza della Parco Mediterraneo s.r.l. ove si richiede una proroga alla concessione edilizia n.195/2008 per la realizzazione di un insediamento industriale e commerciale localizzato in variante al PRG. I lavori di realizzazione di quanto contenuto in concessione ed in convenzione prevedevano il completamento entro 5 anni dalla data d’inizio dei lavori. Tuttavia, come riportato in convenzione, era data la possibilità di ottenere una proroga se autorizzata dall’Amministrazione Comunale per il completamento dei lavori.

La ditta, a sostegno della propria richiesta di proroga, fornisce due relazioni di parte ove motivano la mancata realizzazione di quanto progettato imputandola alla crisi economica. Pur tuttavia, la ditta manifesta che nonostante le difficoltà non è venuta meno la volontà di realizzare il progetto e per tal motivo richiede una proroga. A mio modesto parere, troverei normale una richiesta di proroga nel caso in cui sull’area localizzata fossero stati iniziati lavori sostanziali; questi potrebbero giustificare eventualmente una proroga per l’ultimazione degli stessi. Nel caso in oggetto invece, ci ritroviamo in una situazione in cui l’unica attività svolta nell’arco dei 5 anni è stata quella di sdradicare l’agrumeto, cioè opere di consistenza minimale.

La Legge afferma che è possibile concedere una proroga alle concessioni edilizie quando vi è “un fatto sopravvenuto estraneo alla volontà del titolare”. La norma, che ricalca quella dell’art.4 delle Legge 10/1977, è interpretata dalla giurisprudenza nel senso che è legittimo il provvedimento dell’Amministrazione di decadenza del permesso a costruire allorchè sussistano impedimenti assoluti all’esecuzione dei lavori segnalati o comunque conosciuti dall’Amministrazione e l’impedimento non sia riferibile alla condotta del concessionario, per cui è tale da costituire quella causa di forza maggiore che sospende il decorso dei termini di inizio e l’ultimazione dei lavori.

La crisi del settore, collegata alla difficile congiuntura economica italiana, appare una circostanza estremamente generica, non idonea di per se ad impedire in maniera assoluta la possibilità di edificazione legata al permesso di costruire. D’altronde, se il mero richiamo alla situazione economica generale potesse costituire una oggettiva ragione per la proroga dei termini, si potrebbe giungere alla paradossale conclusione che in relazione a qualsivoglia intervento potrebbero essere disposte proroghe, nell’attesa di un -non ben precisato ed identificato- momento di ripresa economica generale. Per assumere ad orientamento giuridico generale tali considerazioni basta ricercare le innumerevoli sentenze per casi analoghi, cito per facilità: TAR Lombardia sentenza n.580 del 21/02/2012. Questo Comune nel 2008, in tempi veloci, si espresse favorevolmente alla localizzazione in variante di questo progetto, tuttavia appare strano che così come da “tradizione” italiana e belpassese non si concertarono opere di compensazione per la collettività a soddisfazione dell’interesse pubblico dell’operazione; pur tuttavia questa non costituisce una colpa della ditta ma, semmai, della direzione politica dell’epoca.

Ricordiamo i casi “villaggio degli americani” o “Etnapolis”, casi in cui l’Amministrazione del Comune ottenne il duplice obiettivo di non frenare l’attività economica dei privati sancita dalla legge ma allo stesso tempo ottenne benefici per la collettività. La nascita di un centro commerciale o centro logistico porta inevitabilmente nel territorio degli “scompensi”. Quale sarebbe l’utilità pubblica nella nascita di un nuovo polo commerciale? Quale sarebbe l’utilità pubblica della nascita di un centro logistico? Vorremmo pensare e considerare la utilità pubblica facendo un semplice e generico richiamo alla nascita di nuovi posti di lavoro? Vorrei far rilevare che nel solo territorio di Belpasso esistono ben 14 aziende che si occupano di logistica (basta fare una ricerca su pagine utili), oltre un progetto giacente per altro centro logistico mai partito ma con progetto approvato nella nostra zona industriale. Da evidenziare, ancora, come nel nostro territorio vi è la piu’ alta concentrazione di aree destinate a logistica commerciale: basti pensare a SD Sicilia Discount, Meridi, La Spina, Nestlè,ecc. Questo per dire che, a mio parere, non è comprensibile concedere una proroga per garantire sviluppo e posti di lavoro. Ritengo che anche in questo caso si rischia di crearne uno ma distruggerne due.

La ditta in una recente lettera manifesta il suo orientamento a non utilizzare l’area per uso commerciale. Allo stesso tempo però, in una delle analisi allegate alla richiesta di proroga, eseguita dalla GVA Redilco viene riportato letteralmente: “…si ritiene sicuramente opportuno promuovere un processo di valorizzazione dell’area al fine della trasformazione d’uso (seppur parziale) della stessa in commerciale (grande struttura di vendita). La parte rimanente dell’area potrà essere sviluppata per attività di logistica a servizio dell’insediamento principale presso il medesimo comparto”. Oggi la ditta dichiara, contrastando il contenuto dell’analisi testè riportata, che di commerciale non vuole eseguire neppure un mq; Ma ciò a parte la citata incongruenza chi lo garantisce? E se il terreno venisse venduto a terzi? La ditta è in grado di precludersi anche questa possibilità? Essi comunque avrebbero acquisito un’area produttiva col diritto d’esercitare l’attività anche commerciale malgrado la “letterina” che considero un insulto all’intelligenza di chi scrive. Non occorre essere un esperto giurista per sapere che su quella zona vi sarà sempre la possibilità di farne un uso commerciale e ciò in base all’art.1 del DPR 440/2000, norma ulteriormente rafforzata dall’art.31 D.L. 201/2011.

L’area in questione si trova a ridosso del bacino del Simeto. L’edificazione prevista non si trova all’interno dell’area di inedificabilità bensì nell’area non sottoposta a tutela. Comunque insiste una individuazione di area a rischio idrogeologico definito dal PAI,non un rischio grave. Ma la domanda sorge in quanto non si comprende perchè mai deve essere compromesso ulteriore territorio agricolo, quando esistono tantissime aree libere all’interno del Comune di Belpasso, con caratteristiche assimilabili a quelle richieste dalla ditta, quale D2 industriale. Certo, i 64 ha “in toto” non si trovano ma devono essere edificati ancora ben 200 ha di terreno in zona industriale ASI e di PRG. Se fosse sincera la rinuncia alla realizzazione di un centro commerciale, apparirebbe scontato che riducendosi l’area prevista da progetto, il centro logistico potrebbe trovare facile allocazione all’interno delle suddette zone libere.

La società ha manifestato la volontà di proseguire ugualmente, ma appare quanto mai scontato che mentre nel 2008 la crisi non era conosciuta dal mondo, oggi non si scorgono indici economici di ripresa che possano far sperare alla realizzazione del progetto. Per anni sono stati e sono ancora presenti sul cantiere un cartellone che pubblicizzava la vendita di lotti e capannoni, penso che una opportuna garanzia d’esecuzione del progetto sarebbe stata quella, ad esempio, di produrre attestazioni di vendita o almeno prenotazioni di vendita (compromessi), penso che ciò avrebbe potuto fornire un argomentazione piu’ concreta di realizzazione dell’opera. La Parco Mediterraneo invece, si ferma ad informare il Comune che il progetto, adesso, è sotto la direzione ed il coordinamento di altra società: la Mittel spa.

Ciò detto, dalle carte conosciute, saremmo portati a pensare che la strategia della società possa essere quella di mantenere la rendita di posizione industriale per altri due, tre o cinque anni, al fine di vendere i terreni col progetto approvato. La proroga dovrebbe prevedere almeno una ricaduta nell’interesse pubblico attraverso la rimodulazione della convenzione.

Altre considerazioni

A) La previsione del polo logistico-commerciale vincolerà inevitabilmente le scelte sul PRG in fase di revisione, in quanto dovranno essere giustificati i motivi di previsione su un’area a ridosso del fiume Simeto, di un polo logistico in variante. E’ vero che gli standard urbanistici non si modificano, la zonizzazione generale non subisce rettifiche; è vero pure che le valutazioni della VIA/VAS dovranno contenere tantissime argomentazioni per giustificare questi interventi, semmai si realizzeranno.

B) Il problema sulla proroga si evidenzia anche su altro aspetto che è quello procedurale. Perchè la proroga di 5 anni? La proroga di 5 anni è plausibile per procedimento in quanto previsto all’interno della convenzione. Non è plausibile nella prassi considerando lo stato dei lavori realizzati. La valutazione dell’avvio dei lavori deve essere sempre “calata” nel caso concreto e rapportata all’entità ed alle dimensioni dell’intervento edificatorio programmato (a riguardo leggi sentenza Tar Parma 213/2008 e parere Consiglio di Stato n.807/91). L’istituto della proroga di norma permette al massimo un anno di volta in volta man mano che i lavori debbano essere ultimati: per permettere di ultimare i lavori!

 


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