PALERMO – Cinquanta multe al giorno. Quindici mila all’anno. Duecento mila in carriera. Fabrizio Romeo ammette di essere “il vigile che ha rilevato più infrazioni” nella storia del corpo della polizia municipale di Palermo. Si badi, “non multe elevate, ma infrazioni” perché il castigatore degli indisciplinati ci tiene a sovvertire la prospettiva del cittadino che, guardando le cose per il “verso sbagliato”, considera la multa “una vessazione”.
Qualche giorno fa Romeo è balzato agli “onori” della cronaca per via del processo che lo vede imputato e in cui è difeso dall’avvocato Emilio Chiarenza. È stato querelato per minacce e abuso d’ufficio dall’avvocato penalista Jimmy D’Azzò. Del processo non vuol parlare, ma accetta di raccontare se stesso e il suo complicatissimo rapporto con i palermitani.
Si parte da un dilemma – indisciplinati noi o cattivissimo lui? – e si finisce per parlare di filosofia applicata al codice della strada. Che per Romeo è una cosa seria, anzi serissima: “Rappresenta le regole del gioco del vivere civile”. Una mole impressionante di multe elevate senza guardare in faccia nessuno – colleghi, politici e uomini di potere inclusi, – sarebbero la spia di quella che lui definisce “una città abbandonata a se stessa”. Salvo poi usare un tono politically correct: “Il controllo del territorio è inefficiente”.
Inevitabile che, dall’alto della sua esperienza edificata su una montagna di contravvenzioni, gli si chieda un punto di vista. Perché tutto ciò accade? “Dipende dalla mentalità del cittadino e del sistema con cui si amministra la città”. E qui il pensiero di Romeo si fa profondo: “Pensi alla regole della natura (ci proviamo ndr). Come si fa a capire se un albero è buono o cattivo? Dai frutti che dona. Gesù diceva che non si devono giudicare le persone, ma guardare le loro opere. Ecco, io credo, che basta farsi una passeggiata per avere un’idea precisa di come vadano le cose”. E come vanno le cose? “Le dico qual è stata la mia più grande soddisfazione. Quando facevo servizio in via Sciuti, mi mettevo all’inizio della strada e la guardavo. Senza macchine agli incroci, le strisce pedonali libere, i marciapiedi sgombri, niente doppia fila. Alla fine sono pure spuntate le fioriere. Le ripeto, si faccia un giro in città”.
Il tono pacato e filosofico incuriosisce. Chi è davvero il vigile castigatore? “Sono entrato nella polizia municipale nel 1997, prima sono stato tre anni a New York. Era la New York di Rudolph Giuliani, quella della tolleranza zero. È lì che ho capito cos’è il rispetto delle regole e che se vengono rispettate si vive meglio. Mi sono beccato sette multe in pochi mesi. Un giorno venne da me Cosimo, un signore originario del Borgo Vecchio, e mi disse che dovevo smetterla di finanziare Giuliani. A Palermo viviamo male e non lo sappiamo. E tutto comincia dal mancato rispetto del codice della strada, punto di partenza del vivere civile. Le regole ci sono e devono essere rispettate. Io credo e tendo a farle rispettare sempre. Dico ‘tendo’ perché non sempre ci si riesce”.
C’è una crepa nella rigidità di Romeo. Si intravede una deroga all’inflessibilità, qualcosa che sembra avvicinarsi alla tolleranza: “Credo nell’applicazione delle legge. La legge deve essere uguale per tutti. Senza distinzioni. Ricchi, poveri, famosi o non famosi. Ho il dovere di procedere se vedo una violazione. Se una persona commette tre infrazioni tutte insieme, magari una non gliela contesto e lo invito ad esibire, ad esempio, dei documenti in caserma. Poso chiudere un occhio, ma non tutti e due”. Per carità. Anche perché, l’inflessibilità torna regina pochi istanti dopo: “Bisogna, però, sempre tendere verso la tolleranza zero di Giuliani. Più sono tollerante più faccio male il mio mestiere”.
E i suoi colleghi quanti occhi chiudono? “La stragrande maggioranza crede in quello che fa, ma una cosa è crederci un’altra andare in via bandiera e multare tutte le bancarelle, una dopo l’altra, per occupazione abusiva di suolo pubblico. Bene che ti vada ti denunciano. Pensi che nonostante tutta la saggezza acquisita negli anni non sono riuscito ad evitarmi una decina di procedimenti disciplinari e due processi penali. Non è colpa dei colleghi, ma del tipo di servizio che ti chiedono di fare. Pensi che in passato mi hanno chiamato per rimproverami l’eccesso di zelo. Bah (sillaba di stupore)”. A proposito di processi: Romeo è imputato, vuol dire che un pm prima e un gip dopo hanno ritenuto che meritasse di essere giudicato. Resta sereno e si dà una spiegazione: “La legge viene applicata in maniera saltuaria. Se io ti faccio la multa, tu cittadino la interpreti come una vessazione inaccettabile. E sai perché? Perché da qualche altra parte le macchine non vengono multate. Da solo non posso fare tutto. C’è una responsabilità dell’amministrazione”.