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In manette gli ultimi| uomini dei Lo Piccolo

Operazione 'Addio pizzo 5' a Palermo, 62 arresti
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Le ultime cellule impazzite, ultime metastasi di un cancro chiamato Lo Piccolo, erano loro. L’inchiesta denominata “Addiopizzo 5”, che nella notte ha portato in cella 62 persone, 26 delle quali già detenute, ha inferto sicuramente il colpo più duro agli assetti di potere rimasti in piedi anche dopo la cattura del “barone”. Una maxi-operazione messa a segno dalla Squadra mobile di Palermo, coordinata dall’aggiunto Antonio Ingroia e dai pm Francesco Del Bene, Marcello Viola, Anna Maria Picozzi, Lia Sava, Gaetano Paci, nata sia dalla collaborazione dei commercianti vessati dalla pressione estorsiva, che dal grande lavoro d’intelligence effettuato sui pizzini recuperati nel covo di Giardinello dove Salvatore e Sandro Lo Piccolo furono sorpresi il 5 novembre 2007.

L’impianto accusatorio nei confronti degli arrestati è complesso, e racchiude tutto il “bouquet” relativo alle indagini su Cosa nostra. Dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, all’estorsione, all’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti; e ancora al porto e detenzione illegale d’armi da fuoco, intestazione fittizia di beni. Il quadro di indagine ha consentito di far luce sul sistema d’affari che portava nelle casse delle cosche legate al “feudo” di Lo Piccolo.

Le forze dell’ordine hanno dunque accertato il pagamento del pizzo da parte di imprenditori impegnati in lavori di ristrutturazione dell’aeroporto Falcone e Borsellino, nella realizzazione della caserma Bighelli dell’esercito, in viale Strasburgo, e di un asilo materno a Cinisi (Palermo). Ma l’attenzione dei boss si erano anche concentrate su nuovi tipi di business del nuovo millennio, come nel caso di “O sole mio”, il centro benessere in via Libertà, all’angolo con piazza Castelnuovo, di Filippo Catania, finita anche nelle indagini dei carabinieri che, il 15 dicembre 2005, hanno intercettato il reggente della famiglia di Resuttana, Maurizio Spataro, poi divenuto collaboratore di giustizia. Dietro quel centro benessere, infatti, ci sarebbero stati i soldi del boss di Resuttana Giovanni Bonanno. Spataro aveva chiamato il fratello dell’allora governatore, Totò Cuffaro, per invitarlo all’inaugurazione insieme al presidente della Regione. Sempre Filippo Catania, poi, è titolare di una parruccheria, il “Loca club” di viale del Fante, dove si sarebbero tenuti alcuni summit di mafia.

“Sassate” pesanti nei confronti dell’organizzazione, insomma, scagliate anche grazie agli esami, effettuati dalla scientifica, sul nastro di una macchina da scrivere utilizzata dai Lo Piccolo, e recuperato dalla spazzatura del covo di Giardinello. In manette sono finiti alcuni dei luogotenenti del “barone”, come il nuovo capo della famiglia di Capaci e Isola delle femmine, Pietro Bruno, o Salvatore D’Anna a Torretta. E ancora insospettabili prestanome come gli imprenditori edili Michele Acquisto, Mario Biondo, Giuseppe e Isidoro Lo Cascio, che avrebbero consentito il riciclaggio di denaro accumulati dalla cosca.

”Si è rotto il muro di omertà dietro al quale si trincerano normalmente le vittime delle estorsioni” ha detto il procuratore di Palermo Francesco Messineo. ”Imprenditori e commercianti ha aggiunto -, seppure non autonomamente, ma dopo essere stato messi di fronte alle contestazioni degli investigatori hanno ammesso di avere subito le pressioni del racket, contribuendo alle indagini. Solo quando un commerciante potrà fare il suo lavoro senza il timore del racket Palermo potrà dirsi una città normale”.

Parole, quelle di Messineo, che fanno da assist al procuratore aggiunto Antonio Ingroia, il quale, ricordando come già Falcone sposò la teoria di “un’indagine unica ed omogenea su Cosa nostra”, a pochi giorni dall’operazione di Partinico in cui, al contrario, i commercianti preferirono seguire la via del silenzio, rivolge nuovamente il suo appello agli imprenditori vittime del racket affinchè collaborino con le forze dell’ordine: “Voglio rivolgere un appello – ha detto Ingroia – agli imprenditori e ai commercianti che oprattutto nel periodo natalizio sono tartassati dal racket delle estorsioni: denunciate, basta solo un pizzico di coraggio, visto che lo Stato, ormai da tempo fa la sua parte”. Grazie alla collaborazione di 14 commercianti, l’inchiesta “Addiopizzo5” ha portato alla luce 19 casi di estorsione.


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