In scena le baruffe siciliane |L'Antimafia come un condominio - Live Sicilia

In scena le baruffe siciliane |L’Antimafia come un condominio

La seduta di ieri a San Macuto tra schermaglie verbali, vecchie ruggini e richiami del presidente Bindi. Ma alla fine, Crocetta che ha detto?

L'audizione di Crocetta
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PALERMO – A un certo punto Rosy Bindi quasi non ne può più, come certe maestre avvilite di fronte alle bizze di una classe chiassosa. E rivolta al collega del Pd Mirabelli che interviene per prendere le difese di Rosario Crocetta, la presidente dell’Antimafia dice: “Caro senatore, lei è lombardo, io sono toscana, ma è evidente che qui ci sono dei non detti tra siciliani”. E sì, altro che baruffe chiozzotte di goldoniana memoria. A San Macuto ieri sono andate in scena le baruffe siciliane, nella spumeggiante seduta della commissione Antimafia che ha sentito, su sua richiesta, il presidente della Regione Rosario Crocetta. Compito complicato per la Bindi tenere a bada le intemperanze dei siculi onorevoli che hanno incrociato le lame con uno scatenato, e assediato, Crocetta, con passaggi gustosi e alle volte anche assai divertenti, come ben raccontato dalla cronaca di Roberto Puglisi.

Entrando più nello specifico, gli stracci tutti siciliani sono volati più volte, e quasi sempre con sullo sfondo il convitato di pietra, la Confindustria siciliana, tirata in ballo a più riprese dalle domande dei commissari, in merito alle influenze della lobby degli industriali sul governo, soprattutto sul tema dei rifiuti, che era  poi il cuore dell’audizione. Ma le schermaglie verbali hanno anche toccato altri temi, dall’uscita di scena di Lucia Borsellino alle peripezie del segretario generale Patrizia Monterosso. E a più riprese l’audio trasmesso da Radio Radicale è sembrato quasi la diretta d’una riunione di condominio.

Il cilmax della baruffa sicula è stato di certo quello che ha visto l’un contro l’altro armati Crocetta e Claudio Fava. Quest’ultimo s’è soffermato tra l’altro sulla vicenda del silurato ex assessore Nicolò Marino, del quale diversi commissari hanno rievocato le denunce e le dimissioni. Che in realtà Marino non diede mai, essendo rimasto al suo posto fin quando Crocetta, lo ha ricordato lui stesso ieri, non lo ha sostituito nel rimpasto. Quando il governatore stava rispondendo, a modo suo, sull’incontro tra lo stesso Marino con Beppe Lumia, Antonello Montante e Ivan Lo Bello (lo raccontò in seguito Marino a un quotidiano denunciando pressioni), Fava lo ha incalzato un paio di volte, provocando la stizzita reazione di Crocetta che ha rivendicato a quel punto un pedigree antimafia pari a quello del vicepresidente dell’Antimafia e di Marino stesso, negando che il magistrato lo avesse informato di quel famoso incontro catanese. Fava a quel punto ha lasciato la seduta polemicamente, beccandosi la reprimenda della Bindi per la sua condotta. Ma prima ancora della disfida su chi ha più lungo il curriculum antimafioso, le scintille erano già cominciate quando Beppe Lumia, tirato in ballo con garbo dallo stesso Fava nella sua domanda, aveva rinfacciato al collega una sua intervista, non troppo antica, con parole d’elogio per la Confindustria siciliana. Anche Lumia era stato redarguito a quel punto dalla sempre più avvilita Bindi. Vecchie ruggini in quella che un tempo fu la granitica (in apparenza) antimafia.

Giochi pirotecnici anche nello scambio, a due riprese, tra Crocetta e Stefania Prestigiacomo. Con l’ex ministro forzista che, tra l’altro, tiene a sottolineare come le confindustrie del territorio sono una cosa e quella regionale un’altra. E il governatore che per tutta risposta tira in ballo una “Confindustria siracusana” finita nell’inchiesta di Potenza. Apriti cielo, giù un’altra siculissima baruffa (con riferimenti non meglio precisati all’ex sottosegretario Foti e a scontri di potere aretusei), che porta all’intervento della Bindi citato all’inizio di quest’articolo.

Ma c’è il tempo anche per le frecciate a Orlando, che non capisce niente, attacca un agitato Crocetta, invitandolo a cercare la mafia a Bellolampo, e allo stesso Marino (allontanato per divergenze politiche su eolico e altro, sostiene il governatore) , che l’Antimafia adesso vuol sentire. E ancora, non citato, a Fava, che intanto lascia la compagnia, con la maligna illazione del presidente circa vecchi rancori per elezioni perse. Il carico lo mettono i grillini, come Riccardo Nuti, che battono a coppe sulle pressioni della criminalità organizzata sul governo, mentre si parla, ancora, di Confindustria e Crocetta rivendica la battaglia contro la mafia portata avanti nel Nisseno con Montante. “E che c’entra con la criminalità organizzata?”, interrompe la Bindi nel generale bailamme. Ma ormai in campo sembra di vedere una di quelle partite in cui ai giocatori sono saltati i nervi e nulla possono i richiami dell’arbitro.

Crocetta s’avventura a spiegare, con la sua consueta chiarezza, la vicenda degli extabudget che coinvolge Patrizia Monterosso, difende ancora una volta il segretario generale, esclude che ci possa essere peculato perché i soldi non sono andati a lei, a quel punto un commissario interviene appellandosi alla “giurisprudenza” e spiegando al governatore che il peculato si può commettere anche in favore d’altri. Ma il disco del governatore gira e rigira ancora sull’antimafia politica, Crocetta insiste nel rivendicare che come ha combattuto la mafia lui nessuno, sfida il mondo intero a indicare un qualche affare che lo vede protagonista, e hai voglia di spiegargli che nessuno lo sta processando, perché ormai lo schema del contropiede antimafioso è partito e nessuno lo ferma più. C’è anche il tempo per il governatore per beccarsi un rimbrotto della Bindi quando, nella sua risposta sull’addio di Lucia Borsellino, Crocetta attribuisce alla famosa storia dell’intercettazione fantasma i motivi di attrito con l’ex assessore.

Ha risposto o no alle domande il governatore? Ha risposto, dicono quelli del Pd. No, lamentano le opposizioni, Sel in testa. Ma forse perché loro all’Ars non ci stanno e non sono abituati allo stile crocettiano dell’ammuina che tutto travolge senza speranza di intercettare mai il bandolo della matassa. E in effetti, se questa audizione doveva servire, ad esempio, a capire perché in Sicilia sono ingrassate negli anni le discariche nel disastro generale di un sistema oscuro e fallimentare, diciamo che l’obiettivo non è stato proprio centrato. Ma almeno non ci si è annoiati.

Tutto finisce con la Bindi che comunica al presidente della Regione che ci si dovrà rivedere. Il secondo atto delle Baruffe andrà in scena in data da destinarsi. Intanto, oggi a San Macuto si parlerà di massoneria e politica in un’altra audizione che promette faville.


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