Incastrato uno dei killer di Fichera |Orestano, affiliato agli Sciuto Tigna - Live Sicilia

Incastrato uno dei killer di Fichera |Orestano, affiliato agli Sciuto Tigna

Il murale dedicato a Sebastiano Fichera

A Orestano la misura è stata notificata in carcere dalla Squadra Mobile. E' stato inchiodato da tre collaboratori di giustizia: il suo nome lo hanno fatto anche durante il processo Revenge 3 a carico di Biagio Sciuto, ritenuto il mandante dell'omicidio avvenuto nel 2008. (Nella foto il murale realizzato a San Giorgio in memoria del boss ucciso)

omicidio di mafia
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CATANIA – Pinuccio Orestano avrebbe sparato contro Sebastiano Fichera: tre colpi, due alla testa e uno alla schiena, con una pistola calibro 7.65. Il piccolo boss di San Giorgio, attirato in una trappola, è stato ucciso a sangue freddo in via Cairoli il 26 agosto di sette anni fa. Il killer avrebbe agito su ordine del capo clan Biagio Sciuto, sotto processo per essere il mandante del delitto, insieme a Giacomo Spalletta anche lui vittima di un agguato, avvenuto qualche mese dopo. Per la Procura di Catania sarebbe stata una vendetta per l’uccisione di “Ianu” Fichera. Stessa sorte per Mario Maugeri ucciso ad Agnone Bagni a settembre del 2009.

Giuseppe Orestano

Ma andiamo per ordine. Giuseppe Orestano, 53 anni, è un affiliato al clan Sciuto Tigna. Lo era anche la vittima. La Squadra Mobile ha notificato l’ordinanza in carcere: il presunto assassino è detenuto e sta scontando una sentenza di condanna. L’omicidio sarebbe stato pianificato dal padrino Biagio Sciuto perchè non avrebbe “gradito” il fatto che Sebastiano Fichera, che gestiva un fiorente traffico di droga, non “spartiva” i proventi con il clan. Anche se in questo giro di soldi illeciti usava il nome della “cosca”. Oltre questo – è emerso anche nel corso dell’interrogatorio del collaboratore di giustizia Gaetano D’Aquino nel processo Revenge 3 – ci sarebbe stata una grossa somma di denaro, si parla di oltre 100 mila euro, che Fichera avrebbe intascato da un politico per “acquistare” consensi nelle periferie catanesi.

A fare il nome di Orestano per primo è stato il pentito Gaetano Musumeci (Sapevamo essere stato commesso da Spalletta insieme ad Orestano), poi D’Aquino (molto legato a Sebastiano Fichera). “Giovanni mi rivelò l’esatta dinamica del delitto: – racconta il boss dei Cappello –  egli e il Fichera avevano seguito “Mario u lintinisi” (Mario Mauceri) e dopo un’attesa durata circa mezz’ora era arrivato su un motorino Giuseppe Orestano in compagnia di un altro giovane di bassa statura, il quale aveva iniziato ad esplodere diversi colpi d’arma da fuoco contro il Fichera

Il 53enne fu iscritto nel registro degli indagati, le due rivelazioni però non erano sufficienti come monte probatorio, quindi la sua posizione fu stralciata e archiviata. Ma nel 2013 è entrato nel programma dei collaboratori di giustizia Domenico Querulo che racconta nel corso del Processo Revenge 3 nei dettagli di un incontro avvenuto proprio il giorno dell’omicidio di Sebastiano Fichera a casa di Biagio Sciuto. In quella “sorta” di riunione era presente Giuseppe Orestano, Giacomo Spalletta e Mario Maugeri. Al trafficante di cocaina non sarebbero sfuggite le conversazioni tra gli affiliati dei Tigna. Fichera sarebbe stato indicato come “u picciriddu” (il bambino) che doveva essere eliminato. Anzi, secondo il collaboratore di giustizia Biagio Sciuto avrebbe pronunciato la frase: “I purciteddi (i porci) s’ana ammazzari da piccoli“. Le indagini, con il consenso del Gip, sono state riaperte e per Orestano è arrivata la misura cautelare.

Sono, dunque, tre i pentiti che inchioderebbero l’affiliato agli Sciuto Tigna: ma alla base di tutta l’indagine ci sono mesi e mesi di intercettazioni e video riprese che hanno consentito di ricostruire il contesto di epurazione interna al clan dentro cui era maturato l’omicidio di Sebastiano Fichera. Le parole dei familiari davanti alla lapide di Ianu sono un’importante fonte probatoria per delineare lo scenario di vendetta che si nascondeva dietro il delitto: la requisitoria del processo Revenge 3 contro Biagio Sciuto è un continuo accenno alle intercettazioni.

La vedova, Agata Aurichella, il padre Stefano, le sorelle di Fichera, Carmela e Agata, si sfogano davanti alla tomba di Sebastiano: per loro ad averlo ucciso sono i suoi stessi “amici” attribuissero con certezza la responsabilità del delitto agli stessi “amici”. Quelli che in alcune conversazioni chiamano i “compagni” o i  “parenti alla lontana“: ad uccidere sarebbe stata la sua stessa “squadra“. “Quelli che lui credeva che erano amici ed invece erano un pugno di traditori, questo si ci deve scrivere” – commentano parlando della scritta da apporre alla lapide. “E’ tanto tempo che era nella lista, non da poco” – dicono ancora. Insomma per i familiari il piano di uccidere Fichera non era stato deciso all’improvviso ma già da tempo. E tutto per “gelosia“, o meglio per “invidia” (così come si legge in un murale che si trova in una parete del quartiere San Giorgio e dedicato proprio al boss ucciso). Fichera, come già detto, non avrebbe versato al clan la dovuta percentuale dei guadagni dal traffico di droga e come affiliato di non aver sostenuto economicamente i detenuti. Le lamentele arrivano anche dallo zio Franco Castorina, recluso in carcere: “Ha tradito tutti! Cornuto e sbirro … “. Ma la vedova non era d’accordo: “Ma dove se li è mangiati questi soldi. Quanti soldi ha mandato alle persone! …A quello compragli i vestiti, a quello mettigli i soldi alla posta a quello portagli 500 euro per l’avvocato“. Nelle intercettazioni spunta il nome di Biagio, che per gli investigatori è il capomafia degli Sciuto: l’auspicio dei parenti della vittima è che la pagasse cara (“la sedia elettrica”).

Davanti alla lapide di Sebastiano Fichera, il 14 novembre 2008, si presenta il killer e reggente dei Cappello Sebastiano Lo Giudice insieme al suo fedelissimo Antonino Stuppia. Una “visita” al cimitero avvenuta 40 minuti dopo l’assassinio di Giacomo Spalletta, il presunto mandante dell’agguato a Ianu. Poche parole, il bacio alla vedova e non appena il boss lascia il camposanto un mormorio rivolto alla tomba che non sfugge alle cimici della Squadra Mobile: “Ora c’è chi ti fa compagnia!


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