PALERMO – Mentre il Consiglio comunale discute come e quando fare partire il Tram, la Guardia di finanza sequestra il contratto di appalto dell’opera pubblica.
C’è un’inchiesta della Procura della Repubblica. Il pubblico ministero Daniela Varone ha firmato una delega di indagini agli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria che nei giorni scorsi e stamani si sono presentati negli uffici della Ragioneria generale del Comune in via Roma. Si sono fatti consegnare i plichi che riguardano i costi di esecuzione dell’opera. Inutile cercare, in questa fase, di saperne di più. Così come non è ancora chiaro se si tratti di una nuova indagine oppure un seguito di quella aperta nel 2013.
Allora il fascicolo era a carico di ignoti. Dubbi venivano sollevati sulla gestione del mega appalto dal punto di vista amministrativo e contabile. Si va dalle presunte irregolarità nei pagamenti – alcuni lavori potrebbero essere stati pagati più volte – alla valutazione delle indennità per gli espropri dei terreni. I pubblici ministeri titolari del fascicolo erano e sono Maurizio Agnello e Roberto Tartaglia. Stavolta il pm è un altro. Magistrato diverso inchiesta diversa?
Il progetto del tram risale agli anni Novanta, ma i primi passi concreti furono mossi nel 2000, quando la Banca europea degli investimenti stanziò 161 miliardi di vecchie lire per un’opera decisiva per la mobilità della città di Palermo. Opera che alla fine costerà 230 milioni di euro. È sui costi lievitati che si vuole fare luce?
Nel dicembre scorso fu il commissario nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, a sentire puzza di bruciato e ad allertare la Procura della Repubblica e quella regionale della Corte dei Conti. Cantone mise per iscritto che “le problematiche rilevate per l’appalto sono molteplici e per lo più legate alla gestione dello stesso in fase esecutiva”. Nel mirino finirono le consulenze affidate nel 2005 e le varianti. Per Cantone “non risulta che siano state effettuate procedure comparative per il conferimento degli incarichi, finalizzate ad evitare che la scelta sul collaboratore risultasse arbitraria” La gara viene aggiudicata nel 2006 per 191,9 milioni di euro. Ma nel 2008 non c’è ancora il progetto esecutivo e così si procede per stralci. E spuntano varianti per 81,8 milioni di euro, approvate senza che Roma, che metteva il 60% del finanziamento, sapesse nulla. Cantone puntava il dito proprio sulle varianti: per l’Authority sono modifiche sostanziali: “Di fatto si è proceduto all’avvio dei lavori e le opere sono state eseguite in assenza di un progetto esecutivo compiutamente definito, valutato e approvato da tutti gli enti preposti allo scopo”. C’è un collegamento fra il lavoro dell’Authority e il blitz dei finanzieri? Di certo c’è che gli uomini guidati dal colonnello Francesco Mazzotta da qualche spulciano le carte sulla grande opera pubblica. Proprio mentre la politica – il Consiglio comunale è in corso – cerca di trovare una soluzione al paradosso: tutto è pronto, ma manca il contratto di servizio. E le carrozze girano a vuoto.