CATANIA – Catania è la provincia in cui nel 2011 sono stati denunciati più infortuni sul lavoro. A confermarlo, è il 12° rapporto regionale dell’Inail Sicilia. Sono 6.937 i casi registrati infatti nella città etnea, segue Palermo con 6658 e Messina con 4518. Dati che fanno riflettere le sigle sindacali, soprattutto, all’indomani della sentenza emessa dal tribunale di Caltagirone per la tragedia di Mineo, in cui a perdere la vita furono 6 lavoratori. “Il problema della sicurezza – commenta a LiveSicilia Catania Alfio Giulio, segretario provinciale Cisl – necessita il sostegno di tutti: istituzioni, associazioni, sigle sindacali ed enti preposti al controllo 365 giorni all’anno. La problematica non va monitorata solo quando vengono pubblicati i dati o accadono le tragedie. In Italia abbiamo ottimi riferimenti normativi ma, spesso, non vengono attuati perché farlo comporterebbe costi non indifferenti”.
In vigore dal 1° gennaio 2009, il nuovo Testo Unico della sicurezza ha esteso difatti, rispetto al precedente D.lgs. 626/94, gli obblighi e i campi di applicazione, introducendo novità importanti per la figura del lavoratore. Quest’ultimo è il primo garante della sicurezza in azienda; spetta al lavoratore, infatti, osservare le norme sulla prevenzione e sicurezza, collaborare con il proprio datore, utilizzare in modo adeguato le attrezzature e i macchinari, adoperando correttamente i dispositivi di protezione. “La Cisl – continua il segretario generale dell’organizzazione etnea cisl – da tempo – ha proposto un tavolo di monitoraggio per attuare un’azione congiunta tra gli attori sociali e istituzionali della problematica con il coinvolgimento degli organi provinciali, regionali e nazionali”.
Grido di allarme, sull’agomento, da parte della Cgil. “Le macchine ispettive – spiega Claudio Longo, Fillea edili – non funzionano e se a questo aggiungiamo la decisione, presa dal precedente governo regionale, di sospendere l’attività sul territorio del nucleo ispezione lavoro da parte dei carabinieri, la situazione è davvero drastica”. “Troppo spesso – dice Angelo Villari, segretario provinciale Cgil – quando si parla di morti bianche si fa riferimento al settore dell’edilizia, sottovalutando quello dell’agricoltura che, soprattutto nella nostra provincia, ha una forte incidenza. I dati riportati dall’Inail risultano, inoltre, inesatti in quanto non tengono conto di tutta quella percentuale di lavoro che rimane in nero:circa il 50% per l’ambito agricolo, oltre il 30% in edilizia “.
Toni aspri anche da parte dell’Unione Italiana Lavoro. “Se l’Inail – dichiara Angelo Mattone, segretario provinciale Uil – comunica dati ancora inquietanti, significa che poco o nulla è stato fatto dalle istituzioni. E che i sindacati devono alzare ancora più forte, se possibile, la propria voce in difesa dei lavoratori, delle loro famiglie. La Uil – continua Mattone – chiede da tempo non soltanto un osservatorio prefettizio su morti bianche e incidenti lavorativi a Catania e provincia, ma anche un confronto tra l’istituzione di governo e le parti sociali sulle carenze nella rete di controlli a tutela dei lavoratori. Questo sarebbe, poi, utile a rivendicare con forza più personale specializzato e più mezzi all’ispettorato del lavoro”.
E sulla tragedia di Mineo, conclude Mattone: “quella strage ha rappresentato un episodio emblematico del progressivo degrado delle condizioni di lavoro in Italia, tant’è che le stesse organizzazioni sindacali nazionali hanno voluto manifestare in quel territorio. Da allora, però, non abbiamo notato tutti gli auspicati cambiamenti di tendenza, anzi la crisi sta provocando un ulteriore imbarbarimento dei rapporti di lavoro”.