Domani saranno sette anni dalla scomparsa di Antonio Schilirò. Un intellettuale al servizio della sua città, per anni animatore – da dipendente del comune di Catania – delle iniziative culturali più importanti, in particolare negli anni Novanta della Primavera Catanese.
Antonio ha lasciato un segno in tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, e che oggi avvertono la mancanza delle discussioni, degli incontri, degli spunti, delle provocazioni, delle intuizioni. Del suo modo strano di vestire, alla Philippe Daverio, del suo incedere trotterellante e giovedì tra piazza Duomo e piazza Università.
La sua voglia di vivere brutale e decadente, pensosa e sofferta, sempre messa a disposizione degli altri.
La sua cultura vasta, raffinata, la sua enorme biblioteca, sempre a disposizione degli amici.
Ho sempre considerato offensivo che una delle persone che più di tutte costruì la stagione felice della Primavera degli anni Novanta, non se ne vedesse riconosciuto il merito.
Ma, eccola qui, la sua grande lezione: non si “fa” per ricevere gli applausi ma per contribuire al benessere di chi ti sta intorno, di una comunità, di una città.
E questa città, questa Catania benedetta e maledetta insieme, agli amici di Antonio non pare più la stessa, da quando non c’è più; anche se alla sua assenza ci stiamo abituando. Ma mai del tutto.