Il procuratore di Palermo Francesco Messineo e l’aggiunto Ignazio De Francisci hanno interrogato a Roma Vittorio Crescentini, il commercialista che ha sostenuto di avere fatto da intermediario per trattare la presunta resa del boss Bernardo Provenzano.
Tra il 2003 e il 2005 il professionista contattò i vertici della Procura nazionale Antimafia offrendo la cattura del padrino corleonese. Secondo indiscrezioni, Crescentini, che era un informatore della guardia di finanza, avrebbe riferito ai pm che a fare da tramite tra lui e il capomafia sarebbe stata una persona che però, ha riferito ai magistrati, sarebbe morta nel 2004. Le parole del testimone non sono quindi riscontrabili. Prima alla Dna guidata da Pierluigi Vigna, poi a quella diretta da Piero Grasso, il commercialista raccontò che il boss era pronto a consegnarsi ma che la notizia della sua cattura doveva essere tenuta segreta per almeno un mese: il tempo di rilasciare dichiarazioni ai pm.
Al commercialista per il ruolo avuto dovevano andare 2 milioni. Grasso chiese una prova dei rapporti col padrino, qualcosa che contenesse il dna del latitante, in modo da poterlo confrontare con alcuni campioni trovati nella clinica di Marsiglia, dove il boss si era fatto operare alla prostata. Ma il reperto non arrivò. Per il capo della Dna si trattò di una bufala. E con scetticismo la testimonianza sarebbe stata accolta anche dai pm di Palermo.