Investì e uccise un ragazzo | Condannato a 4 anni e mezzo - Live Sicilia

Investì e uccise un ragazzo | Condannato a 4 anni e mezzo

La vittima aveva solo 19 anni. Fu travolta in via Saitta Longhi da una macchina mentre rientrava dal lavoro in sella al suo scooter. I parenti risarciti con un milione di euro. Per l'accusa l'imputato "aveva bevuto". La difesa: "La strada era stretta e buia. Incidente inevitabile".

PALERMO - L'INCIDENTE NEL 2012
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PALERMO – La condanna è pesantissima. Va molto oltre la richiesta della pubblica accusa. Hamid Davudi è stato condannato a quattro anni e sei mesi di carcere per omicidio colposo. E dovrà risarcire un milione di euro ai parenti della giovane vittima. C’era lui alla guida della macchina che falciò e uccise un ragazzo di 19 anni, Giovanni Leonardo. Alla lettura del dispositivo i genitori sono scoppiati in lacrime. I difensori hanno sempre sostenuto che l’impatto fu inevitabile e non per colpa dell’imputato.

Davudi, secondo gli investigatori, era ubriaco al volante quando impattò con la sua Bmw contro il ciclomotore di Leonardo. La notte del 25 novembre di due anni fa il ragazzo, che lavorava come aiuto piazzaiolo in un locale di Monreale, stava percorrendo via Saitta Longhi. Ed è lì, lungo la strada stretta e tortuosa che conduce da Palermo alla cittadina normanna, che la sua giovane vita sarebbe stata spezzata. La fatalità ha giocato la sua parte.

Questa la ricostruzione di quella terribile notte fatta dagli investigatori. Giovanni ha finito il suo turno di lavoro. Abita a Piano Geli, nella zona di San Martino delle Scale. Prima di rientrare decide di fare una tappa da un amico in via Saitta Longhi. Chiacchierano qualche minuto. Poi, l’amico, vista l’ora tarda, sono già le tre di notte, gli propone di accompagnarlo in macchina. Giovanni accetta. Il garage è a poche decine di metri. Giovanni sale sullo scooter. L’amico si incammina a piedi ed assiste all’arrivo di quello che a verbale definirà “un treno impazzito, che percorreva la strada a velocità spaventosa”.

Giovanni viene speronato. Fa un volo di decine di metri. I soccorsi sono inutili. Muore sul colpo. I vigili urbani sottopongono l’imputato all’alcool test. Il macchinario, però, è rotto. L’esame sarà eseguito alcune ore dopo, intorno alle sette, e confermerà, nonostante sia passato parecchio tempo dall’impatto, che Davudi aveva in corpo più alcool del consentito. Gli esperti stabiliranno pure che avrebbe percorso via Saitta Longhi a novanta chilometri contro i 30 previsti dal codice. E le luci della sua Bmw non avrebebro illuminato a sufficienza la strada.

Si arriva al processo e alla sentenza di ieri. I familiari di Giovanni si sono costituiti parte civile con l’assistenza degli avvocati Tommaso De Lisi, Elvira Rusciano e Fabio Bosco. I legali chiedono una pena esemplare. Il pubblico ministero la quantifica in 2 anni e quattro mesi. Il giudice per l’udienza preliminare Maria Pino usa, però, il pugno duro. La pena sale a quattro anni e sei mesi, ridotta di un terzo per la scelta del rito. Una delle condanne più dure mai inflitte in Italia per un omicidio colposo provocato da un incidente stradale. Ieri non siamo riusciti ad avere una replica dai difensori dell’imputato che, però, nel corso dei processo in abbreviato hanno sostenuto che la strada era stretta e buia e che l’incidente non era evitabile. Così come hanno sostenuto che l’esame del tasso alcolemico eseguito a distanza di ore non poteva escludere che l’imputato avesse bevuto successivamente all’impatto.


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