"Io amo la Sicilia" - Live Sicilia

“Io amo la Sicilia”

La via crucis dei siciliani durerà ancora a lungo, fino alla conclusione naturale della legislatura: dunque occorre capire come uscire dalla tragica condizione in cui ci ritroviamo.

Nel suo ultimo graffiante corsivo dal titolo: “Saro che cade dalle nuvole”, a proposito della stupefacente mancata costituzione in giudizio della Regione contro un funzionario accusato di corruzione, Roberto Puglisi senza giri di parole, alla fine di una valutazione complessiva sull’operato del presidente della regione Rosario Crocetta, chiede al governatore “l’immediato abbandono di Palazzo d’Orleans, per manifesta incapacità”.

Anch’io, mesi fa, avevo reiteratamente chiesto sulle pagine di Livesicilia, in particolare al Partito Democratico, di staccare la spina a questa inadeguata, contraddittoria e confusa esperienza di governo, nelle sue numerose declinazioni. Invece, nacque il Crocetta ter. Le modestissime ragioni di bottega a monte di tale esito dopo parecchie settimane di polemiche infuocate, soprattutto tra le correnti del PD, le conosciamo. Possiamo continuare a dare sfogo alla nostra legittima rabbia di cittadini per come vanno le cose, cioè pessimamente, e invocare il ritorno alle urne, soluzione che appare incredibilmente il male minore, ma, con buona pace di Puglisi e mia, e dei tantissimi che ormai la pensano in egual modo, sarebbe appunto uno sfogo, nulla di più, nessuno si scollerà dalla poltrona.

Allora, per il superiore bene comune e nella convinzione che la via crucis dei siciliani durerà ancora a lungo, fino alla conclusione naturale della legislatura, solo i fatti e non gli auspici mi potranno smentire, occorre capire come uscire dalla tragica condizione in cui ci ritroviamo, a un passo dal collasso finanziario e con i commissariamenti decretati da Palazzo Chigi su singoli settori, a fronte dell’inerzia della giunta Crocetta, che si andranno via via sommando, e avanzare una proposta che si sostanzi in uno straordinario impegno collettivo in una fase di gravissima emergenza economica e sociale. Credo che occorra dismettere momentaneamente le magliette delle appartenenze partitiche, comprese le opposizioni, e indossarne virtualmente una con su scritto “Io amo la Sicilia”. Chiudere, siglando una tregua disarmata, con gli scontri quasi quotidiani tra presidente e pezzi della sua maggioranza, tra presidente e assessore al bilancio, tra le varie componenti del PD.

Smetterla con le recriminazioni rivolte al governo nazionale, invocando come un disco rotto un’autonomia speciale colpevolmente screditata da noi stessi, e sedersi attorno a un tavolo del fare, insieme ai sindaci e alle forze sociali, guardando esclusivamente alla disperazione di centinaia di migliaia di siciliani, allo sgomento dei giovani, alle famiglie e alle imprese esauste.

Sedersi e non alzarsi più finché non si trovano, in maniera eccezionalmente condivisa, le riforme urgenti da realizzare e i tagli giusti da apportare, soprattutto agli sprechi della politica e della macchina burocratica. Un banco di prova per dimostrare finalmente che si è adeguati alla drammaticità della situazione, finora s’è data dimostrazione a piene mani dell’esatto contrario, è la discussione all’Ars sui documenti finanziari, tenendo presente che tra la macelleria sociale, per tagli indiscriminati e ingiusti, e il perseguimento ottuso delle convenienze particolari da parte di singoli deputati, magari spinti da pressioni corporative, ci sta in mezzo l’interesse generale che mai coincide né con la prima (la macelleria sociale) né con il secondo (l’ottuso perseguimento di interessi particolari). Penso sia una scelta moralmente obbligata, adesso, quella di unirsi attorno a elementi di concordia sulle cose da fare subito, lasciando lontane le becere cause dei conflitti che condannano a un dannoso immobilismo. Inimmaginabile continuare con l’approssimazione, le liti e il caos attuali. Il rischio di un devastante naufragio diventa altissimo, e se si affonda stavolta affondiamo tutti, compresi i potenti inquilini dei palazzi che contano.

 

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