PALERMO – “Questa non è Cosa Nostra, questa è una cosa come vi pare, chi vi autorizzato…”, diceva Giulio Caporrimo. Il boss di San Lorenzo era contrario al progetto di riconvocare la cupola di Cosa Nostra palermitana che nel maggio 2018 si è riunita a Baida. Caporrimo si chiedeva chi avesse dato il via libera e non riconosceva la figura scelta per comandare nel suo mandamento. È soltanto uno dei capitoli del blitz che nella notte ha portato in carcere 16 persone (FOTO).
Scontro Caporrimo-Palumeri
Caporrimo non ce l’aveva con Calogero Lo Piccolo, la cui autorità era fuori discussione, ma con Francesco Palumeri, colui che sarebbe stato indicato come il successore del figlio di Totuccio il barone, qualora quest’ultimo, com’è poi accaduto, fosse stato arrestato.
Palumeri è uno dei sedici fermati del blitz dei carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo, coordinati dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Dario Scaletta, Amelia Luise e Felice De Benedittis. Un fermo urgente perché c’erano piani di morte fra Tommaso Natale, San Lorenzo, Partanna Mondello e lo Zen. Lungo l’elenco delle ipotesi di reato: associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni consumate e tentate aggravate, danneggiamento seguito da incendio, minacce aggravate, detenzione abusiva di armi.
Il vice di Calogero Lo Piccolo
Dalla riunione di maggio si decise che qualora Lo Piccolo fosse stato arrestato il suo posto sarebbe stato preso da Palumeri. Il suo ruolo di vice sarebbe stato suggellato con scelta di Lo Piccolo di farsi accompagnare al vertice della cupola proprio da Palumeri. Caporrimo, però non lo riteneva all’altezza del ruolo di guida del mandamento.
Summit in gommone
In mare aperto, a bordo di gommoni, Caporrimo si chiedeva: “Chi la fanno tre mandamenti?… il rappresentante della famiglia chi lo ha deciso…?… questa era Cosa Nostra ora si immischiò Stidda e Cosa Nostra… sei io ti affuco camminiamo diritti In quel momento storico però Caporrimo fu costretto a subire le scelte altrui e decise di trasferirsi a Firenze.
Successivamente però, dopo l’arresto dei capimafia, ci furono frizioni con Palumeri che non rappresentava se stesso, ma il sistema. Caporrimo si sarebbe mosso in autonomia, forte del suo peso mafioso e dell’appoggio di un drappello di uomini. Come? Imponendo il pizzo a tappeto e progettando anche omicidi contro chi si sarebbe ribellato ai suoi ordini.
Un anno di mafia e fibrillazioni
Maggio 2019-giugno 2020. Le indagini dei carabinieri si sono concentrate sull’anno di libertà di Caporrimo per conoscere i segreti della mafia di Tommaso Natale e non solo.
Aspettavano tutti la sua scarcerazione. Personaggio dai “cento carati” di mafiosità, come diceva Benedetto Di Maio, fratello di due uomini d’onore di Tommaso Natale.
“… l’hai sentita la buona notizia?… è uscito Giulio… è uscito e domani è a Palermo già”, dicevano in giro persone estranee a Cosa Nostra, ma parecchio interessate. Era il 27 febbraio 2017 e Caporrimo finiva di scontare la pena. Nel settembre successivo il boss sarebbe tornato in carcere per un ricalcolo della pena finita di scontare a maggio 2019. Infine di nuovo in carcere lo scorso giugno quando gli investigatori fotografarono i suoi primi sette mesi di libertà. Ora si è fatta luce sull’ultima fase da uomo libero del boss. Ci furono degli incontri fra Caporrimo e Lo Piccolo e il primo avrebbe dovuto sottostare alle regole del secondo.
Gli incontri di Palumeri
Che Lo Piccolo e Palumeri avessero un rapporto privilegiato è emerso in diverse circostanze. Già nel dicembre 2016 Francesco Liga e Vincenzo Taormina – il primo è stato reggente di San Lorenzo e il secondo è un imprenditore del movimento terra – discutevano del ruolo di Palumeri: “… questi lavori che ci sono allo Zen glieli stavamo facendo prendere a Ciccio (Palumeri, ndr) li dovevi prendere tu questi lavori… ora glielo diciamo a Massimo… i lavori di scavo li devi fare tutti tu… pure a Partanna … questo
Palummeri s’ammucca tutte cose iddu”.
Nel novembre 2018, un mese prima che venisse arrestato, Calogero Lo Piccolo incontrò Francesco Palumeri riservatamente all’interno di un’officina meccanica.
L’organigramma mafioso
Fino al 2018 il mandamento di Tommaso Natale era guidato da Nunzio Serio, mentre Palumeri avrebbe avuto la reggenza della famiglia mafiosa di Partanna Mondello e Antonino Vitamia di quella di Tommaso Natale, mentre allo Zen c’era Giuseppe Cusimano. Dopo l’arresto di Serio, nel maggio 2018, gli è subentrato Calogero Lo Piccolo da poco rientrato in città. E a Lo Piccolo sarebbe succeduto Palumeri. Caporrimo non è rimasto a guardare, contando sulla fedeltà di Vitamia, Cusimano e Franco Adelfio, uomo d’onore di Partanna Mondello.
Scontro a fuoco allo Zen
Nell’ambito del mandamento è nata la nuova famiglia mafiosa Zen-Pallavicino, gestita da Cusimano con l’aiuto di Francesco L’Abate. Persone formalmente non affiliate a Cosa Nostra hanno marcato il territorio con esuberanza e violenza. Lo scorso settembre due gruppi armati, uno dei quali composto da Andrea e Carmelo Barone, appoggiati da Cusimano, si sono affrontati armi in pugno, in pieno giorno e sulla pubblica via, esplodendo svariati colpi di pistola che solo per un caso fortuito non hanno provocato la morte o il ferimento di qualcuno.
I vertici mafiosi volevano una punizione esemplare. Qualcuno era pronto a uccidere i riottosi ma la prevenzione degli investigatori ha evitato il peggio.
Tredici estorsioni e cinque denunce
Sul fronte delle estorsioni gli imprenditori non erano solo costretti a pagare ma a fare lavorare le imprese segnalate dai boss specie nel settore dell’edilizia. Sono state ricostruite 13 estorsioni (10 consumate e 3 tentate) e due incendi dolosi per convincere gli imprenditori a pagare. Per fortuna cinque vittime hanno denunciato gli uomini del racket.
Armi da guerra ed esplosivo
Sempre allo Zen Cusimano ha tentato di organizzare una distribuzione alimentare per le famiglie bisognose durante la prima fase di lockdown del 2020. Il Covid è servito per guadagnare consenso sociale. Nel frattempo allo Zen si progettavano assalti a portavalori e distributori di benzina con l’uso di armi automatiche da guerra ed esplosivo al plastico.