PALERMO – Per i conti siciliani è sempre più “rosso fisso”. Dopo il caso sollevato dalla Corte dei conti sulle anticipazioni di liquidità, che potrebbe tradursi in un nuovo “buco” da 100 milioni di euro, ecco un’altra tegola sul disastrato bilancio regionale. Irfis, l’intermediario finanziario della Regione siciliana vigilato da Banca d’Italia, non ha mai versato alla Regione i 53 milioni previsti dall’ultima legge Finanziaria. E nell’Assemblea convocata per oggi probabilmente ribadirà al “socio-Regione” la propria volontà. Ostacoli tecnici e anche dettati dal “buon senso” spingono i vertici di Irfis a chiedere quantomeno un po’ di tempo per esaminare la vicenda.
Una storia che affonda alla finanziaria del 2017. L’articolo 8 apparentemente non si prestava a incertezze: il fondo gestito da Irfis e creato per il credito alle imprese “è ridotto – si legge nel testo della norma – dell’importo di 53.000 migliaia di euro. Entro il termine perentorio del 15 maggio 2017 Irfis Finsicilia S.p.A provvede a versare la predetta somma in entrata del bilancio della Regione”. Una norma nata inizialmente sulla scia della polemica relativa ai fondi per i disabili siciliani. Poi, quella cifra finirà dentro il “calderone” delle entrate utili a finanziare le spese complessive previste nella legge di stabilità. Soldi tolti alle imprese quindi, e usati per “mettere a posto i conti” della Regione.
Dal 17 maggio, però, non è ancora stato versato un euro. Il cda di Irfis, guidato dal tributarista Alessandro Dagnino, infatti, fin dall’inizio aveva sottolineato un dubbio puramente “giuridico” che adesso potrebbe finire anche sul tavolo della Corte costituzionale: in questo caso vige la legge nazionale che prevede la vigilanza della Banca d’Italia, o quella regionale che ordina a Irfis di versare quei soldi? Un quesito che Irfis ha provato a sciogliere nel corso di questi mesi. “Più volte – racconta Dagnino – ho convocato l’assemblea per chiedere al socio unico, la Regione, si spiegarci come comportarci, quale strada seguire per versare quei soldi, considerato il fatto che, ad esempio, fino a poco tempo fa non esisteva nemmeno un capitolo di bilancio dedicato a questo versamento”.
Per mesi, insomma, la Regione non si sarebbe fatta viva, nonostante le sollecitazione dell’azienda. Fino a pochi giorni fa, quando il Ragioniere generale Giovanni Bologna ha scritto a Irfis chiedendo di ottemperare a quella norma regionale. Nel frattempo arriva anche l’indicazione del capitolo di bilancio. Ma quella somma, per il momento, è ancora dentro le casse di Irfis. “Quei 53 milioni, in realtà – spiega Dagnino – per l’effetto leva che producono, equivalgono a circa 800 milioni di euro da destinare alle imprese siciliane. Questo sarebbe il vero danno provocato dalla norma. Senza contare gli effetti diretti sul bilancio di Irfis, una delle poche aziende regionali in attivo e in salute”.
Insomma, via i soldi alle imprese per coprire altre spese della Regione. Un “caso” finito anche nelle carte del Ministero dell’Economia che nel luglio scorso aveva sollevato qualche dubbio su quella norma. Così, adesso Irfis chiede tempo. E lo farà anche nel corso dell’assemblea di oggi. Per “mantenere” quei soldi servirà una modifica legislativa. Altrimenti, come aveva spiegato lo stesso assessore Alessandro Baccei, in una lettera inviata a Live Sicilia, quei 53 milioni “creerebbero disavanzo, ma sarebbero comunque spesi”. Nuovo disavanzo. Che rischia di aggiungersi a quello prodotto dalle anticipazioni “non sterilizzate”, per altri 100 milioni.
Aggiornamento ore 19
La nota del presidente del cda dell’Irfis Alessandro Dagnino: “In relazione all’articolo apparso oggi su Live Sicilia si desidera rappresentare che all’Assemblea tenutasi in data odierna si è registrata una grande sintonia tra il socio e il Consiglio d’Amministrazione dell’IRFIS, avendo gli organi societari condiviso il comune intento di assicurare l’osservanza della volontà legislativa regionale, pur tenendo presente l’esigenza del rispetto delle procedure fissate dalla normativa vigente, ivi inclusa quella di vigilanza e quella del codice civile, nonché dei principi costituzionali in materia”.