CATANIA – Non è esattamente un fulmine a ciel sereno. Il ricorso che l’Ance – la sezione catanese dell’Associazione nazionale costruttori edili – aveva depositato nei mesi scorsi, qualcosa in fondo già lo presagiva. Sulla battaglia dell’acqua etnea e sulla convenzione firmata la scorsa estate tra Ati e Sie, il Tar stoppa tutto. La sentenza è di ieri.
La battaglia dell’acqua
A distanza di un ventennio da quel primo passo in cui il servizio idrico integrato passava ad una società mista pubblica e privata, il nodo della questione è che i costi dei lavori sono inevitabilmente lievitati. Oltre 2 miliardi di euro (almeno), rispetto all’1,2 miliardi previsti. È quest’ultimo passaggio che per il Tar diventa quasi essenziale: una cifra agganciata direttamente dal gestore. Una cifra enorme per il Tar: una limitazione alla concorrenza.
Cosa dice il Tar
Il programma degli interventi, quale parte fondamentale del Piano d’ambito, a norma del suo terzo comma “individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti,N. 01041/2024 REG.RIC. necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio.
Nonché al soddisfacimento della complessiva domanda dell’utenza, tenuto conto di quella collocata nelle zone montane o con minore densità di popolazione.
Il programma degli interventi, commisurato all’intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione”.
Si può allora ritenere conforme al principio di ragionevolezza la ultravigenza, dal 2002 sino al 2024, di un atto che aveva come finalità quella di individuare “le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio”?
Il ricorrente in gravame ne dubita; ed in sentenza il Collegio lo esclude, ritenendo pertanto sussistere il calendato vizio di eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità.
Il vero è che, dopo la sentenza n. 1258/2022 del C.G.A.R.S. l’ATI Catania poteva e doveva approvare prima il Piano d’ambito per il periodo 2024-2027, e soltanto dopo e sul suo specifico presupposto concludere con SIE una nuova convenzione: piuttosto che approvare con deliberazione n. 1 del Commissario ad acta nominato dal Presidente della Regione presso l’ATI Catania la schema di una che ha invece come suo presupposto specifico un atto già cancellato dal mondo giuridico con la sentenza n. 1258/2022 del C.G.A.R.S.
Battaglia dell’acqua: il “secondo motivo”
Con il secondo motivo del ricorso principale sono stati dedotti vizi di violazione e falsa applicazione sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, dei principi generali in tema di appalti pubblici, dei principi di concorrenza, par condicio, buon andamento ed imparzialità, dei principi euro-unitari di libertà di circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonché dei principi che ne derivano come la parità di trattamento, il divieto di discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, nonché di eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, erroneità manifesta, travisamento, irragionevolezza ed illogicità.
Conclusioni
È allora evidente che una restrizione dell’accesso al mercato degli operatori economici può giustificarsi soltanto in forza di un “un provvedimento motivato in cui danno conto dei vantaggi per la collettività, delle connesse esternalità e della congruità economica della prestazione, anche in relazione al perseguimento di obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche”.
Ma in assenza di un valido programma degli interventi – quale parte integrante del Piano d’Ambito (invece concretamente “bocciato” dalla sentenza n. 1258/2022 del CGARS) – è impossibile comprendere come una restrizione del mercato in favore dell’aggiudicatario del SII nella provincia di Catania possa mai avere concretamente perseguito gli scopi di una “congruità economica della prestazione, anche in relazione al perseguimento di obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche”, o del conseguimento di “esternalità”.
Sussiste quindi anche la calendata violazione dell’art. dell’art. 7 del d.lgs. 36/2023, oltre che il lamentato vizio di motivazione della convenzione impugnata “ nella parte in cui ha ritenuto di affidare “al socio privato” la gestione del servizio per importi eccedenti l’originaria convenzione senza minimamente giustificare le ragioni di una simile scelta a discapito del “mercato rilevante” che dovrebbe essere, al contrario, la regola”.
Sulla battaglia dell’acqua, una partita scattata da tempo. E che prima delle aule giudiziarie aveva visto un forte scontro politico.