L'economia della Sicilia | (anch'essa buttanissima...) - Live Sicilia

L’economia della Sicilia | (anch’essa buttanissima…)

La verità su tanti luoghi comuni legati alla disastrata economia dell'Isola

Ci sono state descritte con grande sapienza le caratteristiche che permettono di definire come “buttanissima” la nostra regione per malaffare e deprecabili costumi politici (Buttafuoco). Vale la pena provare a capire, a questo punto, qual è l’economia che innerva e contraddistingue la buttanissima Sicilia, un’economia anch’essa buttanissima, per forza di cose. Proveremo a farlo utilizzando un espediente retorico, quello di richiamare una tesi attribuendole poi caratteri di verità o di falsità.

1. Fare impresa in Sicilia è assai arduo, ma è così del resto in tutte le regioni del Mezzogiorno. SOLO PARZIALMENTE VERO. In Sicilia, si riscontrano le maggiori criticità nel fare impresa senza alcuna variazione in positivo rispetto allo scorso anno. Registriamo, in una ricerca di Fondazione Impresa, risultati negativi in nove indicatori su dodici. Tra i quali un sensibile calo delle imprese attive (-6,48% dall’inizio della crisi) abbinato ad una profonda recessione: dal 2008 al 2013 sono andati persi 11,6 punti percentuali di PIL. Ci sono in Sicilia 86 imprese ogni 1000 abitanti, il che significa l’ultima posizione nella graduatoria di densità imprenditoriale. Per oltre il 95% hanno un numero di addetti inferiore a dieci. Si tende a smantellare l’esistente: a rischio la raffineria di Gela che invece di essere oggetto di investimenti tesi ad aumentare le capacità produttive (700 milioni programmati) potrebbe essere trasformata in deposito costiero con una considerevole diminuzione del personale addetto.

2. La Sicilia è in coda alla graduatoria stilata in base alla percentuale certificata delle spese di fondi europei sul totale di fondi assegnati. VERO. Siamo al 40,5% del FESR rispetto ad un obiettivo del 60,2%. E’ prevista una riprogrammazione di circa 500 milioni che potrebbero essere cancellati dalle risorse disponibili.

3. In Sicilia, la spesa turistica è per gran parte attivata dal sistema culturale. FALSO. La percentuale di spesa turistica attribuibile all’esistenza di un patrimonio culturale in Sicilia (26,2%) è superiore solo al rapporto registrato in Valle D’Aosta e Sardegna. Nelle Marche, il turismo è attivato dalla cultura per il 59% della relativa spesa. Occorre dire che per la promozione turistica le nostre città spendono pochissimo: 2 euro pro-capite Palermo, 0,15 Messina e Catania contro i 7 euro di Torino e Genova e, soprattutto, i 5 euro a Bari. Quasi impossibile calcolare invece la spesa della Regione ed i risultati ad essa correlati.

4. Tutti concordano sul turismo come il fattore principale di sviluppo della Sicilia ed il Governo regionale opera in conseguenza. FALSO. Non si comprende infatti l’acquiescenza all’installazione di piattaforme petrolifere posizionate lungo le coste. Oltre le tre attualmente attive che estraggono il 52% di tutto il greggio ricavato dai fondali italiani c’è il timore che Crocetta in versione “oil” apra ad altri 15 pozzi di fronte a Licata, Pantelleria, Capo Passero, Marsala e Mazara del Vallo (“Il Fatto Quotidiano”, 7 Luglio 2014). Si tenga presente che il turismo attratto dalla Sicilia appartiene in larga maggioranza al settore “sole e mare”.

5. Le infrastrutture incompiute secondo l’anagrafe delle opere pubbliche elaborata dalla regione Siciliana sono 152 (alloggi popolari, strade, fognature, depuratori,zone artigianali, scuole, ospizi, impianti sportivi, strumenti per la sicurezza nei centri storici. Per un totale di 335 milioni già spesi cui bisognerebbe aggiungere 216 per ultimare i lavori. FALSO. Secondo un’inchiesta de La Sicilia (11 Giugno 2014), condotta da Mario Barresi, le opere incompiute sono 302 per un totale di 700 milioni sprecati e 356 milioni necessari al completamento. La differenza nasce da un problema di mancate segnalazioni di dati da parte delle stazioni appaltanti.

6. Il Programma Garanzia Giovani sta particolarmente interessando i giovani siciliani cui è rivolto: la fascia di età tra i 15 e i 29 che al momento non studiano, non frequentano corsi di formazione, non sono occupati. Parzialmente VERO. Il 48% di coloro che in Sicilia hanno aderito (dati di maggio 2014) al programma (4.981) ha scelto una regione diversa dalla Sicilia per ricevere il cosiddetto portafoglio di servizi (“Sole 24 Ore”, 13 Maggio 2014). E’ ipotizzabile che si tratti di giovani residenti in Sicilia ma già emigrati in altre regioni alla ricerca di un’occupazione.

7. La Regione Siciliana sta risolvendo il problema dello smaltimento dei rifiuti rinunziando ai termovalorizzatori. FALSO. Al momento (L. Cusimano, La vecchia discarica non basta più, “Giornale di Sicilia”, 9 Maggio 2014), la Sicilia resta la prima regione italiana per smaltimento in discarica ( deprecato dalle regole dell’U.E.),dove confluisce almeno il 95% dei 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti generati ogni anno. Secondo uno studio dell’Università Bocconi rispetto al sistema delle discariche sono preferibili il riciclo e la termovalorizzazione, ancor più se accoppiati. Sul punto la legge regionale parla di scelte relative a tecnologie impiantistiche a basso impatto ambientale, una definizione, a rigor di logica, nella quale potrebbero essere compresi anche i termovalorizzatori, soprattutto di ultima generazione.

8. I centri per l’impiego svolgono un ruolo importante per favorire le assunzioni nelle imprese. FALSO. Dal 2010 alla fine del 2013 in Sicilia hanno collocato solo lo 0,8% delle assunzioni complessive effettuate dalle imprese che utilizzano prevalentemente segnalazioni di conoscenti e fornitori.

9. Gli attuali progetti (Garanzia Giovani e Piano Giovani) otterranno buoni risultati perché creano un rapporto tra giovani disoccupati e imprese in grado di offrire lavoro sia pure a fronte di incentivi. Parzialmente VERO. Occorre pensare che oggi solo il 20% delle imprese siciliane è in regola con il cosiddetto DURC ( Dichiarazione Unica di Regolarità Contributiva). Condizione necessaria ed indispensabile per accedere agli incentivi previsti dai progetti citati.

10. Il microcredito è una buona pratica per aiutare le famiglie in difficoltà. FALSO. In Sicilia, a fine 2013, i soldi prestati alle famiglie (L. Tondo, Banche senza coraggio e soldi persi in cassa. Il flop del microcredito nell’Isola dei poveri, La Repubblica, Palermo, 22 Giugno 2014) ammontano a poco più di due milioni e mezzo di euro rispetto ai 12 disponibili attraverso la creazione di un fondo di garanzia da parte del Governo siciliano nel 2011. Su diecimila famiglie solo 500, a causa dei criteri di valutazione delle banche, hanno ricevuto il contributo richiesto. Eppure, va annotata la bassissima insolvenza dei beneficiari, appena l’8% delle famiglie premiate.

11. I salari a Caltanissetta sono i più alti in Italia in rapporto al costo della vita. FALSO. Questo ragionamento soffre di almeno tre vizi. Intanto, è assai difficile il calcolo del costo medio della vita, su cui il ragionamento stesso si fonda, basato su un paniere di beni e servizi che non è detto corrispondano ai consumi effettivi. In secondo luogo, questo indice prescinde dalla carenza di servizi fondamentali nel Mezzogiorno (trasporti, sanità). Il prezzo del trasporto pubblico a Caltanissetta sarà magari un decimo rispetto a quello fissato a Milano. Solo che a Caltanissetta (ma questo vale per tantissime città del Sud) la quota di utenti del servizio di trasporto pubblico è irrilevante, e massimo il ricorso al mezzo privato. Palermo, giusto per fare un esempio eclatante, è la terza città in Europa relativamente agli ingorghi stradali dopo Mosca e Istanbul. Chi abita nel capoluogo siciliano deve mettere in conto 87 ore l’anno da trascorrere in coda e ritardi medi di 37 minuti durante l’ora di punta. Questa differenza nel costo della vita non viene calcolata. Ma è presente, insistiamo, anche in altri servizi essenziali, nel consumo dei quali prevale la domanda per quelli offerti dal privato, non visibili nella rilevazione. Terzo vizio. Chi vive a Milano rispetto chi vive a Caltanissetta gode di economie esterne significative, che accrescono la sua conoscenza e la sua competenza. Ne deriva, che per essere alla pari con Milano, in formazione e arricchimento di capitale umano, Caltanissetta deve investire parti maggiori del suo reddito disponibile rispetto a Milano. Basti pensare all’istruzione universitaria. Detto questo, ricerche tese a dimostrare che in fondo il Sud è più ricco del Nord possono anche risultare interessanti dal punto di vista della provocazione ma finiscono, fornendo rappresentazioni strutturalmente erronee, col fomentare fenomeni divisivi tra Nord e Sud con inevitabili derive di tipo politico. A contrastare i quali non bastano racconti cinematografici della serie “Benvenuti al Sud”.

 

 


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