La donna, la casa e la truffa | Assolti tutti gli imputati - Live Sicilia

La donna, la casa e la truffa | Assolti tutti gli imputati

L'acquirente ha sborsato 173 mila euro, ma non ci sono profili da condanna penale.

PALERMO – Tutti assolti con la formula piena “perché il fatto non sussiste”.  La vicenda va semmai risolta in sede civile, ma non ci sono gli estremi per una condanna penale.

Il processo in Tribunale riguardava la disavventura di una donna che ha sborsato 173 mila per un’abitazione di cui non è mai entrata in possesso.

Escono puliti dal processo tutti i protagonisti. Carla Spataro era la titolare dell’agenzia Rete Casa di via Nazionale, a Carini, a cui si rivolse, nel 2010, una donna per comprare un immobile. L’agente immobiliare Corrado Fisco mise in contatto l’acquirente con il costruttore Michele Persico che stava realizzando una villa bifamiliare in contrada Piraneito. La donna sottoscrisse in agenzia una proposta di acquisto rivolta a Paolo Raffa, proprietario del terreno su cui l’impresa di Persico doveva realizzare l’immobile.

Qualche mese dopo l’acquirente firmò un altro contratto che, secondo l’accusa, non si riferiva all’immobile che credeva di acquistare, ma a una “catapecchia” nei pressi del terreno di contrada Piraneito. Non è tutto: successivamente Persico, Fisco e Spataro avrebbero consigliato alla donna di comprare un altro immobile, sempre a Carini ma in via Carburangeli, facendole credere che si trattava, ancora una volta, della tanto agognata villa.

Nella catena della presunta truffa sarebbero entrati in gioco anche Luigi Antonio Rosselli, marito della Spataro, e Cinzia Sisia, moglie di Persico. Il risultato è che – fra acconti, caparre e anticipo per lavori edili – la donna, pur sborsando 178 mila euro, oggi non è proprietaria di casa. 

Alla fine, però, ha retto la tesi difensiva degli avvocati Fabrizio e Guglielmo Bellavista, Antonina Pipitone, Calogero Vella, Emanuela Gargano, Gaspare Genova e Salvatore Guggino, secondo cui, la donna non sarebbe stata affatto raggirata, ma avrebbe firmato i documenti in piena coscienza. Non solo, le sarebbe stata pure proposta la restituzione dei soldi, ma avrebbe rifiutato pretendendo il risarcimento dei danni. Tutto questo potrà essere oggetto di un contenzioso civilistico, ma fa venire meno gli aspetti penalistici.

 

 

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