PALERMO – La ludopatia, la dipendenza da gioco d’azzardo, si stima che possa coinvolgere una quota fra il 2 e il 4% della popolazione. La febbre del gioco considerata per anni un semplice vizio è, in realtà, una vera e propria malattia tanto da essere stata recentemente inserita nei LEA ovvero i livelli essenziali di assistenza (maggio 2013). La malattia del gioco, quindi, può essere curata e per farlo ci si può rivolgere al sistema sanitario, ma può anche essere prevenuta.
“L’inserimento nei livelli essenziali di assistenza è un passaggio importante ma non sufficiente – dice Ignazio Tozzo dirigente generale del dipartimento Attività sanitarie e Osservatorio Epidemiologico della Regione siciliana – occorre individuare risorse precise da assegnare specificamente a questo settore per poter, così, garantire ai malati di gioco d’azzardo un sistema di cura all’interno del sistema sanitario e redigere piani di prevenzione che fino ad oggi non esistono”.
“La Sicilia si sta attrezzando – aggiunge Tozzo – individuando i referenti in ogni Asp per questo settore. A breve riusciremo a dar vita a veri e propri ambulatori territoriali ai quali i malati potranno rivolgersi per essere curati dalla dipendenza da gioco d’azzardo all’interno delle Asp”.
Secondo le più recenti stime la ludopatia colpisce i maschi in età adolescenziale quindi intorno al 15-16 anni ed è una malattia che si può protrarre per decenni se non curata, fino a portare alle conseguenze peggiori quelle che causano il dissipamento di interi patrimoni e la distruzione di famiglie sane.
Le donne non sono immuni dalla febbre da gioco. Per loro, però, la malattia insorge dopo i vent’anni. Si registrano casi in cui si presenta anche intorno ai 40.
“Si stima che in Italia – dice Daniele La Barbera direttore della clinica di psichiatria dell’Università di Palermo – le persone dipendenti dal gioco d’azzardo siano 800 mila”.
In base a ciò in Sicilia gli affetti da questa patologia sarebbero fra 80 e 100 mila. Se, però, si considerano i dati degli studi americani sulla materia, secondo i quali l’incidenza andrebbe valutata fra il 2 ed il 4% della popolazione, i malati in Sicilia potrebbero raggiungere addirittura cifre più alte ovvero fra i 100 ed i 200 mila.
“Non ci sono stime regionali ma il dato siciliano appare sovrapponibile a quello nazionale – precisa La Barbera – in ogni caso un fenomeno sociale preoccupante”.
“E’ difficile individuare percorsi per prevenire l’insorgenza di questa patologia – aggiunge La Barbera – almeno a breve termine. Si tratta di una malattia sociale multifattoriale. Essa è legata sia ad aspetti educativi che familiari, ma anche alle condizioni socio economiche, alle difficoltà relazionali ed ai modelli pedagogici”.
“In un periodo di crisi come quello che si sta attraversando, poi – conclude La Barbera – la ludopatia rischia di crescere. Sono in tanti, infatti, a tentare la sorte per reperire fonti di reddito che non riescono a trovare per vie ordinarie e questo avvicina più persone al gioco aumentando il rischio di dipendenza patologica”.
Molti rischi, dunque, e pochi strumenti per fronteggiare il problema che solo negli ultimi anni si è cominciato ad affrontare con un approccio non solo repressivo ma sanitario integrato.
Per questo la Regione siciliana, oltre a dar vita ad ambulatori di riferimento in ogni Asp, è intenzionata a individuare strategie in quattro fasi per la prevenzione “In fase di predisposizione del nuovo piano regionale di prevenzione – dice Salvatore Requirez, dirigente del servizio promozione della salute della Regione siciliana – ho voluto inserire quattro elementi innovativi per la promozione della salute. In particolare,. Per quanto riguarda la Ludopatia, serve individuare i soggetti a rischio e lavorare alla prevenzione nel medio e nel lungo termine. Quattro le fasi. Il primo target è generale. Bisogna operare nel sistema dell’informazione e inviare messaggi positivi contro il gioco patologico, le superstizioni e le false convinzioni numerologiche o statistiche. In secondo luogo occorre operare a livello ambientale perché i messaggi positivi passino anche attraverso la società, la scuola, la famiglia. Terzo livello di prevenzione è l’individuazione dei soggetti a rischio per motivi familiari o sociali sui quali intervenire con strategie preventive prima che prendano la via del gioco. Il quarto target è quello che soggetti che hanno giocato o giocano in maniera non ancora ‘malata’ ma problematica. In questo caso l’intervento può servire a evitare l’eventuale passaggio alla fase della dipendenza patologica”.