Camminava a passo svelto sul lungomare, in una mano stringeva la conchiglia appena presa, sulla spalla la borsa di tela, appesantita dall’asciugamani ancora umido. Fu in quel momento che arrivò settembre. All’improvviso, tra capo e collo come un amico che non vedi mai e che ti si presenta un giorno alla porta di casa. Se ne accorse, come ogni anno, prima di tutti gli altri. Poteva sentire con grande anticipo quel profumo di erba secca bagnata che nessuno ha mai pensato di imbottigliare. Riusciva a scorgere nel rosso del tramonto alcune particolari sfumature che si manifestano solo alle porte dell’autunno. Si guardava intorno mentre risaliva la collina, Il gruppo di anziani pescatori era lì come ogni sera, vicino il vecchio rimessaggio, preso dal solito gioco di carte.
Prendevano puntualmente forma i cortili esterni dei ristoranti di pesce e le signore di mezza età rincasavano con il pane sottobraccio, chiacchierando tra loro. Tutto sembrava perfettamente disegnato, organizzato, come se le abitudini di qualche mese prima fossero impossibili da perdere. Eppure c’era qualcosa di diverso, come una malinconia leggera o una tinta spenta che sfumava tutto. Giù alla baia, gli ombrelloni chiusi si lasciavano solleticare dalla brezza e si riuscivano ad ascoltare a malapena le parole del dj alla radio, tanto era basso il volume. Le venne in mente un momento di qualche settimana prima, quando grazie a quella stessa radio si era scatenata al chiaro di luna. Sembrava lontanissimo.
Sfiorò con la punta delle dita il gelsomino al solito angolo, vicino la fontana, staccò poi con decisione uno di quei piccoli fiori bianchi e lo strinse. Quando sentì il palmo umido aprì la mano e accostandola al naso ne respirò la fragranza ad occhi chiusi e polmoni aperti. Riaprì gli occhi, lasciando la responsabilità dei suoi sogni confinata in quel paio di attimi e, sì, davanti a lei, settembre era ovunque. La spiaggia semideserta, le luci del chiosco spente e in rada non più di due barche. Non c’erano comitive di ragazzi in vena di goliardia tra i vicoli e gli unici reduci di un’estate festosa sembravano essere le palette e i secchielli appesi fuori dal bazar. Arrivò poi a casa e si rese conto che alle spalle, insieme alla vita di borgata marinara, si lasciava anche l’estate.
Venne accolta da una miscela di aromi, tra cui spiccavano basilico e menta. Lasciò scivolare sul pavimento la sacca del mare, posò la conchiglia sulla mensola, all’ingresso. Raggiunse la terrazza e si abbandonò sulla sua poltrona preferita, pronta ad assistere allo spettacolo del tramonto sul mare. Quel pomeriggio, per la prima volta, le sue spalle vennero accarezzate da una brezza pungente. Pensò che non le dispiaceva, dopotutto, rincontrare quel vecchio amico, settembre. Un po’ scontroso, non sempre avvezzo ai divertimenti, ma fedele e tiepido. Il suo abbraccio è dove si trova rifugio, riposo, dopo un’estate di luci, nuotate, nuove amicizie, attese dell’alba, spensieratezza. Le scese una lacrima. “Nostalgia” pensò, come ogni anno, quello stesso giorno. Quando le arrivò sulle labbra la assaporò. Sorrise. Lacrime e acqua di mare hanno lo stesso sapore.