La flebo, il dolore, l'aborto | L'uomo dell'orrore è un 'rifugiato' - Live Sicilia

La flebo, il dolore, l’aborto | L’uomo dell’orrore è un ‘rifugiato’

Il nigeriano arrestato dalla Squadra mobile aveva il permesso di "protezione sussidiaria". VIDEO

PALERMO – Nella sudicia casa di via Colonna Rotta le donne nigeriane si affidavano alle mani di un connazionale per interrompere le gravidanze indesiderate. Non volute perché rappresentavano, nella maggior parte dei casi, un ostacolo al loro lavoro di prostitute.

Elvis Aiwanosa aveva la soluzione giusta. Prima somministrava alle “pazienti” dei farmaci endovena e, nel caso in cui l’aborto non fosse avvenuto spontaneamente, interveniva con dei ferri. Così la donna che lo ha denunciato ha ricostruito la sua triste storia: “Mi fece entrare nella camera da letto e mi fece sdraiare, poi mi fece una flebo con una medicina che non conosco e con degli strumenti in acciaio, una specie di forbice, uno strumento che ricorda un coltello, un tubo, mi praticò l’aborto”.

Aiwanosa, 27 anni, millantava di avere conoscenze che non poteva possedere. È tutto fuorché un medico. Era arrivato in Sicilia due anni fa. Sbarcato ad Agrigento, poi un passaggio al Cara di Mineo – così ha dichiarato – e infine a Palermo. Libero di muoversi grazie alla “protezione sussidiaria” che sarebbe scaduta nel 2020. Altro non è che uno status, al pari di quello di rifugiato, che viene riconosciuto da una Commissione territoriale in risposta a una domanda di protezione internazionale. Ne gode chi non riesce a dimostrare una persecuzione personale che viola la Convenzione di Ginevra (sono le condizioni per ottenere lo status di rifugiato), ma rischia di subire torture o addirittura la condanna a morte. Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale sono composte da quattro membri di cui due appartenenti al ministero dell’Interno, un rappresentante del sistema delle autonomie e un rappresentante dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. La stessa commissione chiede poi alla Questura di concedere un permesso, triennale e rinnovabile, per consentire agli immigrati di restare nel nostro Paese.

A Palermo Aiwanosa, ad un primo controllo della polizia, disse di vivere facendo il parcheggiatore abusivo alla Zisa. Gli uomini della Squadra mobile, agli ordini del dirigente Rodolfo Ruperti, notarono, però, quei farmaci accatastati in casa, sul cui possesso il nigeriano non riuscì a fornire alcuna spiegazione plausibile. Il suo telefonò finì sotto controllo. In pochi giorni era stato contattato da diverse donne. L’uomo parlava di “medicinali”, di “ferri” e dei “500 euro” che servivano per fermare una gravidanza indesiderata. Ecco, secondo l’accusa, di cosa viveva l’uomo arrestato.

“Questo è il lavoro che svolge nella comunità nigeriana”, ha raccontato la vittima. Si erano conosciuti l’anno scorso ed era nata una relazione extraconiugale. Quando Aiwanosa seppe che la sua amante era incinta l’avrebbe obbligata ad andare sotto i ferri. Il dolore fu atroce. Le successive emorragie obbligarono la donna ad andare al pronto soccorso dell’ospedale Civico dove i medici completarono il lavoro “sporco” fatto dal nigeriano. Ai sanitari la donna non disse nulla, parlò di aborto spontaneo. Tornata casa decise di troncare la relazione con l’uomo che, però, non si rassegnò. E iniziarono le minacce di morte, le aggressioni, gli appostamenti davanti alla scuola frequentata dal figlio della donna. La misura fu colma.

La vittima a quel punto decise di raccontare tutto al marito. Insieme sono andati alla Squadra. C’era da salvaguardare due bambini, visto che la coppia è in attesa di un altro bambino. È stata un’indagine lampo, ma il lavoro non è finito. Quella di via Colonna Rotta è l’unica casa degli orrori? Quante donne si sono sottoposte alle “cure” di Aiwanasa?


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