La grinta di Sannino |tiene viva la speranza - Live Sicilia

La grinta di Sannino |tiene viva la speranza

Fino a ieri mattina non vedevamo nuvole nel cielo terso della nostra, un po’ infantile ed illusoria certezza di riprenderci la serie A che, fino a poche partite fa, sembrava ormai un miraggio inafferrabile. Poi, l'nnesima occasione persa. Sta tutto qui il mistero insondabile del calcio. Ma non è ancora finita. E quell'applauso a fine gara dopo l'invito di Donati ad andare sotto la Nord dice che il pubblico è ancora con i rosanero.

Il processo del lunedì
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PALERMO – Me ne ritorno a casa con un torcibudella, in mezzo allo stomaco, che non mi dà tregua e non so capire se è la fame, per aver saltato il pranzo o la delusione per l’ennesima occasione sprecata dal Palermo. Procedo a balzi e saltelli, come se per strada trovassi solo buche e dossi ed invece è la mia frenesia di lasciare il più presto possibile lo stadio e le sue vicinanze, che mi appaiono ogni domenica sempre più ostili. E dire che per più di mezzo secolo sono stati i luoghi della mia… “eterna” giovinezza, quella che se ne infischia degli anni che passano, quella che non muore mai perché, anche dietro l’angolo più buio, c’è sempre un raggio di sole che fa capolino e ti strizza l’occhio; quella che racchiude dentro di sé solo i ricordi belli, perché quelli tristi li spazza via subito, sul nascere, così da non far danni e lasciarti l’anima e il cuore liberi di continuare a sognare, ad illuderti, a sperare. Quello che abbiamo fatto tutti noi tifosi rosanero, dopo la doppia vittoria sulla Roma e sulla Samp, passando, nell’arco di un paio di settimane, dalla depressione più nera ad uno stato di febbrile euforia: “Ora battiamo il Bologna, gli saltiamo addosso come tante belve fameliche, ci prendiamo i tre punti e stacchiamo Genoa e Siena”.

Così ragionavamo fino a ieri mattina e non vedevamo nuvole nel cielo terso della nostra, un po’ infantile ed illusoria certezza di riprenderci la serie A che, fino a poche partite fa, sembrava ormai un miraggio inafferrabile. Ma sta tutto qui il mistero insondabile del calcio: ti restituisce in un baleno tutte le gioie che ti aveva strappato nel corso di trenta e passa partite; uno sport ineguagliabile, nel quale, in un mix quasi sempre insondabile, puoi trovare, ad un tempo, tutto e il suo contrario; il bello che più bello non si può e il brutto, più brutto di un incubo ad occhi aperti. Quello vissuto in trentamila al 17’ del primo tempo, quando Sorrentino si accartoccia su un pallone all’apparenza (ma solo all’apparenza) innocuo, passatogli da Donati. “Che sta facendo? – ci siamo chiesti – è un retropassaggio, non può prenderlo con le mani”. E infatti Stefano non lo tocca con i suoi guantoni, se lo lascia scivolare sotto la pancia, in pratica regalandolo al sopraggiungente Gabbiadini, che non ha nessuna difficoltà a metterlo in rete. 1-1 e tutto da rifare.

Perché ad un portiere scafato e sempre sicuro di sé, succedono cose così? Un mistero. Certo è che prendere gol siffatti, letteralmente regalati all’avversario, può significare una sola cosa: che la paura di vincere certe volte è più deleteria della paura di perdere. Nel goffo comportamento di Sorrentino non trovo altra spiegazione, se non uno stato di improvviso offuscamento delle sue facoltà primarie.

Diciamocela tutta, la papera dell’ex portiere del Chievo ci è costata la vittoria, senza la quale vediamo sfilarci davanti un’altra volta il Siena di Iachini, uno che conosciamo bene, che non molla mia, che è abituato a lottare per la sopravvivenza, parlo di calcio, naturalmente, avendo nel suo carnet diverse corse e rincorse estreme per uscir fuori, lui e le sue squadre, dalle panie della retrocessione. Ma non è certo da meno il nostro Sannino, un altro guerriero delle panchine, un altro che non si arrende mai e non consentirà di certo ai suoi ragazzi di arretrare di un sol centimetro, solo perché ieri un infortunio (quale sostantivo meglio di questo per definire la papera di Sorrentino?) ha ricacciato indietro il suo Palermo, mentre invece meritava di stare sulla stessa linea di galleggiamento del Siena.

No, non me la sento di scrivere che il Palermo non ce l’abbia messo tutta, “anima e core” compresi, per superare il gagliardo Bologna e conquistare i tre punti. Se non c’è riuscito, non è certo perché qualcuno ha tirato indietro la gamba o non ha giocato per la squadra: lo hanno fatto tutti, dal primo all’ultimo, solo che, per superare certi congeniti limiti tecnici, non basta la volontà, non basta gettare il cuore oltre l’ostacolo, perché alla fine quel che paga è la tecnica, l’inventiva. In una parola, la classe. Che nel Palermo di certo non abbonda, la trovi al massimo in un paio di giocatori e tutti sappiamo chi sono: Ilicic e Miccoli. Se girano loro due, gira tutta la squadra, altrimenti i limiti tecnici si “mangiano” tutto il resto. E Sannino, infatti, non fa che ripeterlo: “Fabrizio e Josip sono fondamentali, ma senza il supporto di tutta la squadra non avremmo dove andare!”.

E, alla fine della partita, pur stremato per aver percorso e oltrepassato mille volte la cosiddetta area tecnica, risponde con straordinaria calma alle stilettate dei cronisti: “No, ragazzi, non voglio vedere certe facce, voglio vedere i sorrisi”. E, scendendo nel dettaglio, spiega che “la squadra ha offerto una prova di straordinaria generosità, davvero io non ho nulla da rimproverare ai miei giocatori: abbiamo fatto sette punti in tre partite e pochi se l’aspettavano. Noi ci siamo e, ve l’assicuro, ci saremo fino all’ultimo”. Un guerriero, il nostro mister, uno che trasmette ai suoi ragazzi la sua grinta e la sua voglia di lottare fino all’ultimo respiro: con uno così, pur nei limiti che ci soffocano, potremo ancora sperare. Certo, ieri a qualche “falla” lui poteva porre rimedio, o provarci, e gettare nella mischia un po’ prima i vari Boselli e Hernandez. Ma poi, ripensandoci, mi dico: l’uruguagio era al suo rientro in partita dopo un lungo e grave infortunio e Boselli non è che abbia mai dato gran prova di sé, quando, nel recente passato, è stato impiegato sin dal primo minuto. Insomma, se Sannino per riaccendere l speranza, ha fatto ricorso al suo “vecchio Palermo”, quello del ritiro di Malles, per intenderci, per altro orbo di gente valida come Brienza e Giorgi, per non parlare di Budan, vuol dire che ai cosiddetti rinforzi di gennaio non ci crede, neanche a morire.

Per consolarci, c’è però l’ultima nota a margine: al 90°’, dopo aver sostenuto la squadra senza un attimo di tregua, dalle curve è volato qualche fischio. Poi, però, Donati ha guidato i compagni sotto la curva ed è partito forte e caloroso un lungo applauso. Come dire: “Siamo sempre con voi…”.


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