La laurea falsa, le carte sparite | Montante, processo nel vivo - Live Sicilia

La laurea falsa, le carte sparite | Montante, processo nel vivo

Un diploma honoris causa annunciato e poi smentito, documenti svaniti nel nulla e quell'anatema a un collaboratore.

CALTANISSETTA
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Non sarà sentito il pentito Pietro Riggio che ha messo a verbale di giugno del 2018 dopo l’arresto di Antonello Montante, i presunti rapporti con il capo mafia di Serradifalco Vincenzo Arnone. I verbali sono stati acquisiti, col consenso delle parti.

Il processo al Sistema Montante entra nel vivo. Son 17 gli imputati che hanno deciso di essere giudicati con il rito ordinario. Udienza che si tiene all’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta e che oggi ha visto sul pretorio Tullio Giarratano direttore di Assindunstria sino al febbraio del 2005, uno dei soggetti considerati nemici da Antonello Montante. “Mi chiamava compà compà, il nostro rapporto era da pacca sulle spalle, i rapporti si sono incrinati quando c’è stato il fatto della falsa laurea honoris causa”. Così alla domanda del pm Stefano Luciani ha risposto l’avvocato Giarratano. Dopo aver letto la notizia sulla laurea falsa che sarebbe stata ottenuta alla Sapienza, telefonò alla presidenza della Repubblica all’ufficio stampa per chiedere lumi. Dopo la telefonata di Giarratano ci fu una smentita da parte sia della presidenza della Repubblica che dell’università La Sapienza di Roma. “C’era sempre una drammatizzazione rispetto a tutto ciò che accadeva” il direttore storico di Assindustria ha raccontato alla corte presieduta da Francesco D’Arrigo di come ogni occasione era buona per uscire sui giornali. “L’associazione era una cosa seria non era una buffonata” ha ribadito con la voce rotta dall’emozione Giarratano che dopo le sue dimissioni da Assindustria nel corso degli anni ha collazionato un memorandum su tutti gli articoli che erano pubblicati con delle note a margine. Il dossier finì nelle mani di Montante attraverso Salvatore Alaimo e fu dato alla Dia. “Nel memorandum non c’erano dati riservati erano soltanto delle considerazioni personali, lo cominciai a scrivere perché per me Assindustria era una seconda pelle, la mia seconda pelle e non si può buttare nel cestino una seconda pelle” ha riferito ai Pm Giarratano.

E nel processo entra anche la vicenda della sparizione della documentazione che attesterebbe l’entrata in Assindustria e la nomina nel comitato dei saggi di Vincenzo Arnone. Sia Giarratano che il vice direttore dei tempi Maria Lucia Di Buono sentita come teste dell’accusa, hanno attestato che i documenti c’erano e sono stati consegnati al nuovo direttivo entrante. ”Ritengo che la documentazione fosse completa” ha detto.

La Di Buono ha poi descritto il clima conflittuale che si era creato in associazione subito dopo l’arrivo di Antonello Montante: “L’atteggiamento di Montante era: chi non era con lui era contro di lui”. Questo è emerso dalle domande dell’avvocato difensore Giuseppe Panepinto. Sullo sfondo, la “guerra” contro Pietro Di Vincenzo, una guerra pretestuosa, secondo i testi, visto che l’industriale non avrebbe potuto ricandidarsi alla presidenza di Confindustria per aver raggiunto il limite dei due mandati.

Controesame dai toni forti, poi, quello a Francesco Averna erede della grande azienda di liquori nissena e vertice di Confindustria Caltanissetta e poi componente del consiglio nazionale. Giuseppe Panepinto ha indagato sui rapporti tra Vincenzo Arnone e l’allora Assindustria. “Arnone me lo presentò Montante durante il consiglio per l’elezione di Marco Venturi a presidente dei giovani industriali e mi disse che era stato designato tra i probiviri , ricordo il modo caloroso in cui me lo presentò.” Molti non ricordo durante l’esame per il cavalier Averna e qualche apparente incongruenza emersa rispetto ai tempi e modi in cui avrebbe appreso dell’arresto di Vincenzo Arnone.

E a descrivere la personalità di Montante ci pensa un ex collaboratore, Michele Tornatore. “Fino a quando vivrò tu non lavorerai” questo l’anatema che Montante gli avrebbe rivolto per non aver voluto firmare una lettera con la quale avrebbe rinunciato ad una serie di diritti ed in cambio avrebbe ottenuto una nuova assunzione. Al rifiuto ci fu uno scontro molto forte. Lui, il dipendente è lo stesso che ha affermato di avere visto una sera in una valigetta numerose mazzette di banconote da 100 e 200 euro. “La valigetta era di queste a scomparsa, nel modo di metterla sotto il letto – dice Tornatore – si aprì”.


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