Falsomiele, l'ombra della mafia | Due ipotesi per un omicidio - Live Sicilia

Falsomiele, l’ombra della mafia | Due ipotesi per un omicidio

La scena del delitto Schiacchitano a Falsomiele

I killer arrivano con una macchina. Inseguono la vittima, lo trascinano per terra e lo crivellano di colpi. Quello di grazia alla testa. Così sarebbe morto Mirco Sciacchitano. Una modalità che ricalca i più macabri repertori di Cosa nostra.

PALERMO – I killer – due o forse tre persone – arrivano a bordo di una macchina. Inseguono la vittima, una volta raggiunto lo trascinano per terra e lo crivellano di colpi. Quello di grazia alla testa. Così sarebbe morto Mirko Sciacchitano. Dalla chiusura a riccio degli investigatori emergono particolari inquietanti del sabato di morte a Falsomiele. È stata un’esecuzione come prevede il più macabro dei repertori mafiosi. C’entrerebbe Cosa nostra nell’omicidio di sabato e forse nel tentato omicidio di poche ore prima. E qui si innesta il primo grande interrogativo con cui si misurano i carabinieri e la Procura della Repubblica.

Sabato pomeriggio. Luigi Cona, titolare della rosticceria “Il bocconcino” di via dell’Allodola, viene gambizzato a colpi di pistola. Due ore dopo l’agguato a Sciacchitano. C’è un collegamento fra gli episodi? Due le ipotesi. La prima: a sparare è stata la stessa mano in entrambi i casi, con la morte di Schiattano è stato ultimato il “lavoro” iniziato con il tentato omicidio di Cona. Seconda ipotesi: l’agguato mortale è stata la risposta immediata alle pallottole sparate nella rosticceria. Entrambi gli episodi sono maturati nel contesto dello spaccio di droga. Un contesto di degrado dove c’è chi fa la voce grossa e detta le regole. Se non vengono rispettate si finisce ammazzati a pistolettate. E per dettare le regole devi avere le spalle coperte. E per avere le spalle coperte devi avere dietro Cosa nostra che negli ultimi tempi ha ripreso a fare affari con la droga. Per qualche ora gli investigatori sono stati in fibrillazione. Temevano una reazione a catena. Palermo, però, è ancora lontana dalla “camorrizzazione” che alcuni credono sia dietro l’angolo. In Campania piccoli gruppi di potere si contendono il territorio con la violenza. In città, però, reggerebbe ancora la struttura verticistica tipica di Cosa nostra. Una Cosa nostra che è tornata in affari con la droga “limitandosi” a controllare a tappeto le piazze dello spaccio. Negli ultimi anni hanno cercato di aprire un canale diretto con i narcos colombiani, spagnoli e olandesi.

Servono, però, soldi, tanti soldi, e in contanti. E serve pure una credibilità forte che oggi appartiene più ai boss della ‘Ndrangheta che ai mafiosi. Meglio sfruttare i contatti già collaudati con la Campania. Le informative degli investigatori sono zeppe di viaggi dalla Campania alla Sicilia e viceversa. Ad esempio, si è scoperta l’esistenza di un patto di ferro tra il mandamento di Porta Nuova e alcuni grossi trafficanti partenopei. Stessa cosa alla Guadagna e a Santa Maria del Gesù. La droga è necessaria per finanziare le asfittiche casse dell’organizzazione che non può certo autoalimentarsi con il pizzo. E così Cosa nostra per fare cassa è costretta pure a controllare la rete di spaccio. Ecco perché se, come sembra, l’omicidio di Schiacchitano è maturato nell’ambito dei pusher allora la regia di Cosa nostra non può essere esclusa. Anzi, è la pista privilegiata. In circolazione ci sono vecchi e nuovi boss in grado di dare il benestare se non addirittura di organizzare un omicidio eclatante come segnale per tutti coloro che alzano la testa. Su questo aspetto si concentrano le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Lenardo Agueci e dai sostituti Sergio Demontis e Luca Battinieri. Fra gli investigatori c’è chi azzarda un parallelismo con un altro delitto eccellente, quello di Francesco Nangano, crivellato di colpi qualche tempo fa in via Messina Marine. Nangano era un pezzo grosso della mafia, nulla a che vedere, in termini di spessore, con i protagonisti del sabato di sangue a Falsomiele. Anche allora, però, qualcuno avrebbe voluto lanciare un segnale chiaro: ci sono delle regole e delle gerarchie che vanno rispettate nei piccoli come nei grandi affari all’ombra di Cosa nostra.

C’è, però, un’altra ipotesi.  Schiacchitano aveva dei precedenti per rissa e delitti contro il patrimonio. Qualcuno potrebbe avergli fatto pagare con la vita la sua esuberanza? La capacità organizzativa dei killer, però, sembra tutto tranne che una risposta d’impeto.


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