"La mia forza più grande| è l'amore dei palermitani" - Live Sicilia

“La mia forza più grande| è l’amore dei palermitani”

Ecco l'ultimo libro scritto dal sindaco Orlando, che racconta la sua vita, i suoi affetti, episodi inediti fra pubblico e privato ripercorrendo la storia recente di Palermo e dell'Italia.

IL NUOVO LIBRO DEL SINDACO ORLANDO
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PALERMO – La moglie Milly, il rapporto con padre Pintacuda, il progetto omicida di Totò Riina, la distinzione tra la Chiesa e il Vaticano. E ancora la patologia che doveva condannarlo a morte prematura e la figura di suo padre, con tanto di querela a un importante quotidiano.

E’ un Orlando inedito quello che ieri si è raccontato alla libreria Feltrinelli di via Cavour in occasione della presentazione del suo ultimo libro “Il futuro è adesso”, curato da Luciano Mirone e pubblicato da Melampo Editore. Un volume in cui il primo cittadino ripercorre tutta la sua storia politica, che si intreccia indissolubilmente con quella di Palermo, e che rivela episodi inediti e privati che raccontano l’Orlando figlio, l’Orlando marito, l’Orlando nonno oltre che l’Orlando sindaco.

“Certe volte mia moglie prende l’autobus e di proposito parla male di me con le persone – ha raccontato il primo cittadino – per capirne le reazioni, e ogni volta torna a casa dicendomi che posso fare anche a meno della scorta. E’ questa la mia più grande forza, l’amore dei palermitani”. Un rapporto profondo e viscerale che lega Orlando alla sua città e che è testimoniato da un altro episodio: “Nel 1992 Totò Riina decise la mia eliminazione – racconta ancora il sindaco – ma la proposta venne bocciata dagli altri mafiosi perché un gruppo di mamme, dopo le stragi di Falcone e Borsellino, e temendo per la mia vita, erano andate dal questore consegnando la lista dei propri figli che sarebbero venuti in macchina con me. Una provocazione, ovviamente, nessuno salì sulla mia vettura, ma era un gesto che voleva dire che donne e bambini erano con Orlando. La mafia aveva più paura di donne e bambini che delle armi dello Stato”.

Ma Orlando parla a lungo anche di suo padre, noto avvocato, che rifiutò la proposta del cardinale Ruffini di candidarsi come capolista per la Dc: “Ero un ragazzino all’epoca, ma sentii mio padre dire che se avesse accettato quella proposta lo avrebbero votato i mafiosi”. Un padre che ha rappresentato la parte razionale nell’infanzia di Orlando, contrapposto all’irrazionalità della famiglia di sua madre. “Il giorno del funerale di mio padre un quotidiano scrisse che volevo prendere le distanze da lui, perché avevo rifiutato il cognome Cascio accostato alla mafia: querelai il giornale che si avvalse della prescrizione per evitare la condanna. Non c’era alcuna parentela, era semplicemente il secondo nome della denominazione dello studio legale. Un Cascio che ho abbandonato da politico perché non figurava all’anagrafe”.

E dopo aver rivelato di essere miracolosamente sopravvissuto alla sindrome di Kartagener e alla malformazione che gli ha regalato il cuore a destra e fegato, stomaco e milza invertiti, il Professore ha anche ammesso di avere una straordinaria capacità di sopportazione fisica: “Qualcuno pensa che io faccia ricorso a sostanze vietate – ha scherzato il sindaco – ma io al massimo fumo il sigaro”.

Tocca poi all’Orlando padre e nonno. “Mia figlia vive in Canada e mio genero ha rinunciato a diventare milionario pur di restare in un Paese in cui vive bene, ed è questo che noi palermitani non capiamo: la vivibilità è importante, così come il merito e il non cercare raccomandazioni. I miei nipoti vivono all’estero e non trovo un motivo per farli tornare”. Ma il flusso di ricordi tocca anche gli uomini di Chiesa: “Pappalardo era un cardinale laico, e sebbene io sia cattolico faccio distinzione tra la Chiesa e il Vaticano che è uno Stato e che mi richiama alla mente Casisa (già arcivescovo di Monreale, ndr) e lo Ior: io rivendico il diritto di insultare i cardinali che rappresentano il Vaticano. La Chiesa non è di destra o di sinistra”.

Ma fare il sindaco costa anche fatica e dolorose rinunce. “Padre Pintacuda per me è stato come un padre, e quando nel ’93 appena eletto non ho ritenuto opportuno coinvolgerlo, su consiglio di mia moglie, è stato un momento molto doloroso, e mi sento in colpa verso di lui. Ma quando fui eletto venne da me anche il fratello di Milly, Marco Lupo, mio cognato, che mi disse di aver da poco vinto un concorso per un posto da tecnico al Comune. Un concorso fatto prima della mia elezione e in cui si era classificato primo per titoli: ebbene gli chiesi di rinunciare e, suo malgrado, lo fece. Ha vissuto una vita di stenti prima di morire, ecco perché considero oggi suo figlio Riccardo come mio figlio”. E infine un accenno anche alla massoneria: “Con alcuni amici, tra cui Nando Dalla Chiesa, giravamo l’Italia per denunciare la massoneria collusa con la mafia. L’ultimo lo facemmo ad Arezzo, davanti alla casa di Licio Gelli, il cui figlio aveva minacciato di uccidermi e quando in Germania o Inghilterra parlo male della massoneria mi guardano storto: non sanno che siamo stati così bravi da rende mafiosa anche la massoneria”.

 


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