La munnizza? Anche colpa nostra - Live Sicilia

La munnizza? Anche colpa nostra

Ho visto copertoni abbandonati e paraurti divelti. Ho visto interi salotti composti da tavolino, pouf e coppia di divani con i sacchetti seduti sui cuscini, come fossero mature signore forti di fianchi in amena conversazione all’ora del the. Ho visto vecchi computer e televisori, scaldabagno e lavatrici.

L’appuntamento in ambulatorio è per giovedì mattina. Lei è una bella signora che pare stia vincendo la nostra lunga guerra contro il cancro. La trovo smagrita, ma so che la sua malattia non ha colpe. Il problema è che la signora un anno fa ha perso il marito. E da allora non mangia ed ha persino ripreso a fumare. Questa volta è accompagnata dal figlio, un militare di carriera che dopo tredici anni di servizio in Friuli ha deciso di tornare a casa per aiutare sua madre a risalire la china. Tra una percussione e il controllo della TAC, si parla del più e del meno. E alla voce “più”, naturalmente, emerge Lei. La compagna che da giorni carezza i nostri sensi e macchia indelebilmente la nostra immagine presso chi visita la nostra città: Sua Altezza Pestilenziale “a’ munnizza”.

Mi incuriosisce sapere come funzioni la raccolta a Udine, una città che mi ospitò quasi trenta anni fa e il cui ospedale, seppure vetusto quanto il mio, già godeva di alcuni servizi che ancor oggi da noi sembrano “fantascienza”. Qualche esempio ? Una rampa di accesso per consentire all’autobus del Comune di lasciare gli utenti davanti la porta d’ingresso. Un emporio interno fornito di tutto: dalla carta igienica ai biscotti, dalle spugne ai fiori. Un giornalaio dotato di carrello per la consegna ai degenti del quotidiano preferito in reparto. Già allora mi sorpresi nel constatare quanto poco ci volesse a migliorare la qualità di vita di chi in ospedale non sta di certo per scelta o per diletto. Tornando alla munnizza, ho appreso che a Udine la percentuale di raccolta differenziata è del 65%, una quota che oltre a indubbi vantaggi per l’igiene e il decoro della città, consente significativi risparmi agli utenti. Non siamo ai livelli di Oslo, dove la pregiata materia prima comincia a scarseggiare e dove con l’energia prodotta dalla sua combustione alimentano gli autobus e riscaldano la metà delle case pur avendo un clima ben diverso dal nostro, ma ci si può accontentare. In fondo, c’è sempre qualcuno che sta più a Sud di qualche altro.

Dove voglio arrivare? Non ho ragioni per difendere l’indifendibile. Sia che la sua faccia esprima il sorriso perenne del sindaco “più cool di Italia” o che abbia il colore bronzeo degli amministratori pro-tempore dell’Amia che volevano vendere agli arabi, spaparanzati a nostre spese negli alberghi di lusso di Dubai, il modello palermitano di gestione dei rifiuti. E non riesco neppure a concedere al sindaco attuale una benevola clemenza a un anno dal suo nostos e con gli occhi ancora sgranati davanti alla mia cartella esattoriale della Tarsu. Ma siamo onesti, se ci riusciamo: quanto ci crogioliamo noi palermitani nelle manchevolezze altrui e quanto invece siamo propensi all’indulgenza verso noi stessi e i nostri comportamenti ?

In questi giorni dell’assedio, oltre a quella “fisiologica”, di munnizza ne ho vista di ogni forma, colore e composizione. Altro che raccolta differenziata; qui si tratta di dispersione indistinta. Ho visto copertoni abbandonati e paraurti divelti. Ho visto interi salotti composti da tavolino, pouf e coppia di divani con i sacchetti seduti sui cuscini, come fossero mature signore forti di fianchi in amena conversazione all’ora del the. Ho visto vecchi computer e televisori, scaldabagno e lavatrici. Ho visto cessi sbrecciati con accanto, come si conviene, il bidet. Perché noi, a differenza di quegli sporcaccioni di Oslo che il bidet non lo usano, alla pulizia ci teniamo. Intimamente. Eppure, converrete con me che nessuno dei personaggi con cui ce la prendiamo da settimane ha disperso tutte le schifezze che hanno occupato le nostre strade fino a renderle impraticabili.

Molte di esse sono la lercia complicanza di quella strana malattia tutta palermitana che ci fa essere critici di tutto e di tutti, tranne che di noi stessi. Che ci fa credere che il confine di ciò che ci appartiene sia segnato dalla soglia di casa nostra. Ebbene: credo che, al di là delle innegabili colpe altrui, sia giusto passarci tutti la mano sulla coscienza. In molti, tra coloro che ne sono dotati, si ritroveranno la mano sporca. Ancor più sporca della loro munnizza.


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