La normalità invocata da Vecchio e i soliti appetiti del potere

La normalità invocata da Vecchio e i soliti appetiti del potere

Il palazzo e i siciliani
L'OPINIONE
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Fa impressione, anche a chi come lo scrivente ha imparato a conoscere da vicino le scelleratezze della politica di centro, sinistra e destra, leggere su Livesicilia l’intervento del neo presidente di Confindustria Sicilia Gaetano Vecchio mentre a Palazzo d’Orleans e a Palazzo delle Aquile (provvisoriamente Palazzo Comitini) sembrano sgretolarsi, a causa dei soliti giochi di potere tra partiti e tra correnti, le maggioranze di centrodestra che sostengono, anzi, dovrebbero sostenere Renato Schifani e Roberto Lagalla.

Cioè, per capirci meglio e al di là delle valutazioni di merito sui singoli temi, da un lato sentiamo un elenco di proposte avanzate da Vecchio per rendere la Sicilia competitiva e attrattiva sul piano economico e produttivo secondo lo slogan: “La Sicilia deve diventare una terra normale”, dall’altro, invece, assistiamo all’avvilente spettacolo della politica nostrana intenta a concentrarsi sull’occupazione sistematica delle posizioni d’oro dello scacchiere del potere regionale, a cominciare dalla Sanità, e sullo scontro permanente, pure dentro uno stesso partito, sulle poltrone di governo e di sottogoverno. Fdl, FI, Lega, gli autonomisti di Raffaele Lombardo e la Dc di Totò Cuffaro ormai si guardano con reciproca diffidenza, almeno fino a quando non troveranno accordi convenienti.

Intanto, nelle scorse ore si è straparlato addirittura di crisi alla Regione – in realtà in Sicilia non si può ‘sfiduciare’ il governo regionale o il suo presidente, né sono pensabili le dimissioni del governatore o della metà più uno dei deputati a norma di Statuto – contemporaneamente agli accesi contrasti scoppiati nella maggioranza del capoluogo siciliano che potrebbero nuocere parecchio al già complicato cammino di Lagalla.

Non è importante qui elencare le questioni che stanno funzionando da miccia per dare fuoco alle polveri – dal caos scatenato dalla mancata approvazione a scrutinio segreto del disegno di legge cosiddetto “salva ineleggibili” al puzzle delle nomine dei vertici nelle Asp e negli ospedali fonte di malumori e mal di pancia – tanto se ne può inventare sempre uno di motivo se serve ad innalzare i livelli di tensione, quanto piuttosto evidenziare l’enorme distanza tra chi in questo momento sta nella stanza dei bottoni e i cittadini.

Cittadini, però, che hanno delle responsabilità, con il voto o l’astensione, circa la qualità della politica e dei politici e, quindi, delle istituzioni. Il numero uno di Confindustria Sicilia invoca la ‘normalità’, snocciola alcuni interventi necessari sul fronte delle infrastrutture per aiutare la Sicilia a crescere, liberarla dal sottosviluppo endemico e tirarla su dal fondo di tutte le classifiche economiche e sociali. Vecchio, per esempio, suggerisce al governo regionale di chiedere allo Stato tre opere essenziali: “Un bypass della tangenziale di Catania per permettere un collegamento diretto con l’autostrada per Messina; la pedemontana di Palermo per consentire a camion e auto di evitare il tappo di viale Regione Siciliana; l’ammodernamento della Palermo-Agrigento”.

È il minimo, considerata la penosa condizione delle nostre strade e autostrade e dei trasporti in genere. Poi possiamo discutere del Ponte sullo Stretto, ma poi. Offre anche un ragionamento condivisibile sull’Autonomia differenziata pretesa fortemente dalla Lega. Occorre capire, sostiene Vecchio, cosa in concreto si vuole realizzare perché il rischio di una frantumazione del Paese, che al contrario avrebbe bisogno di coesione, e di una ulteriore divaricazione tra le regioni del nord e quelle del sud è assolutamente realistico e assolutamente da scongiurare.

Insomma, e il presidente Vecchio sicuramente lo sa, non c’è da stare allegri e difficilmente riscontrabili in giro sono le ragioni di un possibile ottimismo seppure moderato. Rimangono ancora poco meno di quattro anni di legislatura e purtroppo, facile previsione, continuerà dinanzi a noi l’opera dei pupi vestiti da parlamentari, dirigenti di partito, assessori ed aspiranti tali, una rappresentazione assai meno divertente del tradizionale e apprezzato teatro delle marionette.

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