Una guerra sanguinaria. Una invasione criminale dove c’è un aggressore e c’è un aggredito. Nonostante tutto, il corteo di Palermo, che sfila per le vie del centro, crede nella pace, nel sogno incruento che sboccia all’improvviso, come se Putin e Zelensky potessero darsi la mano sulle macerie che erano case sventrate dai missili russi. Concentramento a piazza Politeama. “Un corteo per chiedere il cessate il fuoco – si legge nella nota del coordinamento Europe for Peace -. il dialogo e i negoziati di pace per costruire un’Europa sicura e pacifica per tutti. I protagonisti a Palermo saranno (sono, ndr) le ragazze e i ragazzi delle scuole di Palermo, e gli studenti universitari, che in prima fila, con forza, chiarezza e determinazione chiederanno lo stop alla guerra”.
Tremila persone, soprattutto studenti, con, addosso, i colori di quella pace che sembra una chimera lontana. Ma le voci palermitane la invocano con forza, oltre la realtà che la cronaca propone. E, in quelle voci, la differenza di posizione consegnata dal campo viene sfumata: Putin e Zelensky diventano gli estremi equidistanti di una violenza inflitta al popolo ucraino. E’ il giudizio che danno tutte le ragazze e tutti i ragazzi che abbiamo ascoltato. Qualcuno specifica che il presidente russo ha invaso un paese libero. Ma, nel corso delle riflessione, al suo omologo ucraino vengono attribuite identiche e pesantissime responsabilità.
E poi c’è l’incertezza. “Se continua, sì, abbiamo paura – spiega Giovanni dell’istituto ‘Volta’ -. Pensiamo ancora a quello che può non succedere, pensiamo al bene. Dobbiamo aiutare la pace, anche con il nostro impegno”. Un suo compagno aggiunge: “Tutti sono responsabili”. Un altro, accanto: “Non temo per me, ma per la collettività. Sia dalla parte dell’Ucraina che dalla parte della Russia non c’è la volontà per i negoziati”. Ancora un’altra voce: “Nessuno vuole fermarsi”.
Parlano le ragazze del ‘Danilo Dolci’. “Dalla storia dovremmo imparare – dice la prima – dobbiamo condannare tutte le persone che stanno dietro alla guerra e risolvere i problemi con il rispetto”. La seconda: “A una ragazza che sta a Kiev io offrirei casa mia e le direi di farsi forza. Solo chi vive quel momento lo può capire”. E’ il cuore bellissimo e innocente delle ragazze e dei ragazzi che invita, nonostante il sangue, alla speranza. Ed è un sollievo, anche per qualche attimo, immaginare Putin e Zelensky che si danno la mano, come Nietzsche e Marx in una vecchia canzone. (Roberto Puglisi)