La politica a passo di sirtaki | Quei balletti tra destra e sinistra - Live Sicilia

La politica a passo di sirtaki | Quei balletti tra destra e sinistra

Una scena del film di Kazantzakis.

Movimenti frenetici da un polo all'altro. Anche andata e ritorno. È la politica senza la politica.

PALERMO – “E’ stato un disastro, ma bellissimo”. Dice così Zorba il greco, nella magnifica scena finale del film tratto dal capolavoro di Kazantzakis. E a quel punto, un superlativo Anthony Quinn insegna all’amico inglese a ballare il sirtaki sulla spiaggia. Quelle note immortali e celeberrime di Mikis Theodorakis, divenute un sinonimo di Grecia, potrebbero essere la perfetta colonna sonora di questa sventurata politica siciliana. Un passo a sinistra. Pausa. Poi un passo a destra. E ancora pausa. E poi un saltino in avanti e ancora indietro e poi sinistra e ancora destra e poi sinistra. Dovrebbero usarla come musica d’attesa ai centralini dell’Ars.

Nell’era della politica senza più politica, i partiti e i loro irrequieti inquilini si muovono a passo di sirtaki. Forse meno aggraziati di Zorba, ma altrettanto mobili tra destra e sinistra, andata e ritorno.

Una mattina della settimana scorsa raffigura in modo emblematico la danza. A Palazzo dei Normanni due conferenze stampa. Prima tocca a Pietro Alongi, politico galantuomo palermitano. Eletto nella lista Pdl-Musumeci presidente. Poi passato con Ncd quando il Pdl si ruppe, scegliendo Angelino Alfano al seguito del suo mentore politico Renato Schifani. E con Angelino traghettato in seguito nella maggioranza di Crocetta, un bel passo a sinistra. Ora, tre mesi dopo una campagna elettorale con Leoluca Orlando, l’annuncio del ritorno a destra. Con Musumeci. Il giro è completo.

Per Alongi, e per altri traslocatori, l’approdo sarà l’Udc di Lorenzo Cesa, protagonista della successiva conferenza stampa della mattinata. Che porta in scena la figura del partito-torpedone. Un pullman vuoto, col motore già acceso, pronto a partire al seguito di Musumeci. Caricando deputati uscenti (quattro in un sol colpo, e altri potrebbero aggiungersi) in cerca di lista per tentare di tornare all’Ars. Come Gaetano Cani. Eletto con l’Udc, in una coalizione di centrosinistra a sostegno di Crocetta, transitato nei Centristi di Gianpiero D’Alia, ora cambia ancora e ritorna all’Udc ma stavolta verso destra, direzione Musumeci. Che passa dalla sala stampa per un saluto alla lista che lo sostiene. Lo stesso Musumeci che negli ultimi anni aveva tanto lavorato all’Ars per fare approvare un codice etico, che sfumò insieme a tanti altri buoni propositi della legislatura, che contemplava sanzioni e bacchettate per i cambiacasacca. Non per i ballerini di sirtaki, a onor del vero.

Altro che trasformismo. Sono categorie superate. Che appartenevano alla politica e ne rappresentavano un’anomalia, un’eccezione. Oggi, nell’era della politica senza la politica, con un’Ars in cui circa metà dei deputati siede in gruppi diversi dai partiti in cui sono stati eletti, l’eccezione si fa regola. E i partiti diventano taxi su cui accomodarsi, assicurandosi la corsa col propri personalissimo pacchetto di voti, che prescindono da quella formalità di simboli o da quei ferri vecchi di ideologie.

Nascono, crescono e muoiono così i nuovi movimenti politici. Non solo i partiti-torpedone. Ci sono anche i partiti-anticamera. Come Sicilia Futura, che l’esperto Totò Cardinale fondò con sapiente lungimiranza per accogliere nel grembo del centrosinistra quei convertiti con storie troppo ingombranti di centrodestra. Accorsi con passo spedito, da sirtaki accelerato, a dar man forte a Crocetta in questa legislatura. Come i renziani di complemento che dopo una paziente anticamera in sala d’attesa dalle parti di Articolo 4, sono entrati nel Pd in blocco, scalandolo con impressionante rapidità. Da destra a sinistra, questo il transito che andava di moda quando verso sinistra, appunto, il vento spirava. Ora sembra più di moda il tragitto inverso, che tenta alfaniani e altri aspiranti transfughi. E non mancano, con un perfetto andamento alla Zorba, quelli che oscillano da una parte all’altra. Ha avuto un bel da fare Fabrizio Ferrandelli a spiegare nei giorni scorsi il suo ritorno dalle parti del Pd, dopo l’uscita e l’abbraccio “civico” con i moderati del centrodestra alle scorse amministrative. Sinistra, destra, sinistra. Mentre poco più in là l’ex magnifico Roberto Lagalla si muoveva su uno spartito complementare, dalla giunta di Cuffaro a Renzi, con Leopolde e pensatoi, per tornare a destra da assessore designato di Musumeci, presentandosi la mattina in conferenza stampa dopo aver diffuso la sera prima all’ora dell’aperitivo un comunicato in cui ribadiva che la sua candidatura alla presidenza era “in piedi”. Destra, sinistra, destra. Rimanendo sempre al “centro”, si intende.

E c’è ancora tempo per i movimenti, sia chiaro. Da questa settimana si torna a ragionare di transiti, nel monopoli della politica senza la politica. Quella in cui simboli ed etichette sono talmente vacui da diventare perfettamente intercambiabili. E alimentando un sirtaki vorticoso e senza fine. Un disastro. Ma almeno quello di Zorba era bellissimo.


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